Un primo maggio scomodo
Il periodo di pandemia continua a impoverire le nostre comunità, non solo sotto il profilo materiale: si sta creando un vuoto di relazioni nel quale di guardano i confini come spazi rassicuranti, sovrapponendo in qualche modo alla paura del contagio anche la paura per l’altro.
“Gli auguri per la ricorrenza di questo primo maggio – afferma il Presidente delle ACLI lombarde, Martino Troncatti – sono degli auguri scomodi, un po’ come quelli di don Tonino Bello: scomodi perché, come lui, anche noi non sopportiamo l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine del calendario. Il nostro mondo è stravolto e anche se abbiamo trovato energie inedite, se abbiamo costruito risposte nuove per problemi nuovi, se abbiamo accelerato processi che sembravano, solo poco tempo fa, avessero bisogno di decenni per realizzarsi, sentiamo una grande preoccupazione”.
“Abbiamo desiderato un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale – prosegue Troncatti, riprendendo il mandato affidato da Papa Francesco alle ACLI – e ora ci misuriamo con un contesto che pare incapace di ridurre le disuguaglianze e rimarginare le ferite di questo tempo di emergenza. Guardando la situazione che viviamo non siamo certi di aver qualcosa da festeggiare”.
La preoccupazione espressa dalle ACLI lombarde è quella per un lavoro che manca, unita alla consapevolezza di misurarsi con un lavoro che cambia. “Ci preoccupa l’avvicinarsi della data di sblocco dei licenziamenti – sottolinea il Presidente regionale – che vorremmo fosse posticipata almeno fino al termine di questo anno. Vorremmo che si continuasse a mettere in campo misure di sostegno e ristoro insieme a quelle di rilancio dell’occupazione e di riqualificazione delle professioni, un mix tra ammortizzatori sociali e interventi di politica attiva per evitare che la conclusione del 2021 segni una crescita di quel dato, già enorme, che l’Istat ci ha consegnato di recente, di quasi 1 milione di posti di lavoro persi a causa delle restrizioni legate alla pandemia”.
Secondo l’ISTAT infatti, in un anno (febbraio 2021 rispetto a febbraio 2020) la diminuzione degli occupati è pari a 945 mila unità e ha riguardato uomini, donne, lavoratori dipendenti, autonomi e tutte le classi d’età. Parallelamente, sono cresciuti i disoccupati (+21 mila) e, soprattutto, gli inattivi, di oltre 700mila unità. Quest’ultimo dato rilevato dall’istituto di ricerca è particolarmente allarmante perché descrive lo scoraggiamento della popolazione e senza un’attenta politica di investimenti che aiuti a ridisegnare il quadro generale, la tendenza difficilmente si invertirà.
“Ci preoccupa il lavoro che manca e quello che cambia – dichiara Troncatti – e ci preoccupano le lavoratrici e i lavoratori, ognuno con una storia personale che ha una sua dignità e originalità, una storia che i dati aggregati sull’evolversi del Covid non sanno raccontarci. I nostri auguri scomodi sono dunque quelli di condividere la preoccupazione di quelli che un lavoro non ce l’hanno o lo hanno perso, di quelli che probabilmente lo perderanno, di quelli che si sono arresi a cercarlo e di quelli che, pur mantenendone uno, devono farlo dentro una prospettiva di incertezza e fatica.
Non può rassicurarci il pensiero che solo alcuni siano al sicuro”.
Queste le ragioni per cui il sistema delle ACLI lombarde è determinato a lavorare per promuovere uno sforzo straordinario per ricucire gli strappi di questo tempo, per assistere le persone, affiancarle e tutelarle dentro gli spazi di servizio al cittadino del Patronato e dei Centri di Assistenza Fiscale, dentro gli sportelli dedicati al lavoro (che verranno rilanciati con maggiore energia su tutto il territorio), dentro ai Circoli che con fatica stanno cercando di rimanere dei presidi di socialità sul territorio, dentro le scuole di formazione professionale dell’Enaip, che dovranno ritrovare quel legame con il mondo del lavoro che la pandemia ha interrotto.
“Da ultimo – conclude il Presidente delle ACLI lombarde – rivolgiamo un pensiero alle donne, che hanno sostenuto sforzi enormi per ricomporre le fratture provocate dalla pandemia, conciliando con estrema fatica la vita lavorativa con quella di cura degli affetti, e al mondo giovanile, così provato da questo periodo, in cui le mura domestiche sono diventate scuola, palestra e spazio di socializzazione solo online”.
“Abbiamo molto da fare per ridare al lavoro un futuro degno di questo nome. Non c’è molto che si possa definire davvero smart in questo periodo! Auguri scomodi, allora, per questo primo maggio, perché il nostro lavoro possa dare voce al grido di chi desidera sortire migliore da questo periodo denso di nostalgia, incertezza e paura”.