Un mare di soldi per le armi
[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
Si spende moltissimo, nel mondo, in Europa, in Italia per le armi.
Si spende molto più per le armi che per le opere pubbliche.
Si spende poco per l’istruzione, la sanità, la protezione ambientale
Un futuro corazzato. Con il ritorno a una massa di cingolati da battaglia come non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda: quasi 400 carri armati e altri mille veicoli da combattimento. L’esercito italiano ha varato la rinascita di una forza meccanizzata in grado di affrontare un conflitto su larga scala, con una trasformazione radicale negli equipaggiamenti e nell’organizzazione. I piani sono pronti; mancano la scelta dei modelli e soprattutto la definizione delle alleanze industriali per gestire un’operazione così ambiziosa e costosa: l’impegno preso dal governo Meloni proseguirà per almeno tredici anni con la previsione di costare complessivamente 24 miliardi e mezzo di euro, un terzo dei quali già stanziati.”
2.240 miliardi di dollari nel 2022
Così Gianluca Di Feo su Repubblica qualche giorno fa. Mentre leggevo l’articolo, molto ampio e particolareggiato, mi veniva alla mente il rapporto Arming Europe, curato da Greenpeace, pubblicato nel novembre scorso, dove viene analizzato l’aumento delle spese militare in Europa, con particolare attenzione agli investimenti in armamenti di Italia, Germania e Spagna.
L’obiettivo è dichiarato: verificare se la militarizzazione sia o meno un “affare”, almeno del punto di vista economico. Secondo i dati dell’Istituto internazionale di ricerche per la pace di Stoccolma (SIPRI), nel 2022 la spesa militare mondiale è cresciuta per l’ottavo anno consecutivo raggiungendo il massimo storico di 2.240 miliardi di dollari ed è stata l’Europa a registrare l’aumento più marcato, +13%.
Le spese militari nel mondo sono cresciute per l’ottavo anno consecutivo
Lo studio Arming Europe documenta con i dati che l’accelerazione europea a riempire i propri arsenali non è solamente una conseguenza diretta dell’invasione russa in Ucraina: in un decennio, infatti, la Germania ha aumentato la spesa militare del 42%, l’Italia del 30%, la Spagna addirittura del 50%. In tutti i Paesi l’aumento è interamente dovuto all’acquisizione di armi ed equipaggiamenti, ma, estendendo il campo alla spesa in armamenti dei Paesi europei membri della NATO, le cifre sono ancora più marcate.
Nel 2023 la spesa dei Paesi UE della NATO ha raggiunto i 64,6 miliardi di euro, un aumento pari a +270% nel giro di un decennio. Ma è nel 2018 che è avvenuta l’impennata: da allora ad oggi la spesa per gli armamenti è triplicata e l’Europa ha definitivamente abbandonato la linea militare moderata istituendo il Fondo europeo per la difesa con una dotazione di 7,9 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, destinati alla ricerca e alla produzione di nuovi armamenti.
L’economia è ferma. Le spese militari aumentano
L’aumento della spesa militare da parte dei Paesi europei non è in alcun modo “coperto” dalla crescita economica, ma, avvertono gli autori, è in netto contrasto con l’economia europea caratterizzata da stagnazione e spinte inflattive. In poche parole, il rapporto di Greenpeace evidenzia che la corsa agli armamenti dell’Europa non è giustificata sulla base di esigenze di sicurezza, ma potrebbe destabilizzare ulteriormente l’ordine internazionale.
L’aumento della spesa militare è avvenuto, infatti, tagliando voci di spesa pubblica necessarie non solo allo sviluppo della società e del benessere, ma fondamentali anche per la sicurezza. Più precisamente nell’ultimo decennio nei Paesi europei che aderiscono alla NATO la spesa pubblica è aumentata del 20%, a fronte di un aumento della spesa militare del 46%: più del doppio.
E questo a scapito dell’istruzione, i cui fondi sono aumentati solo del 12%; della protezione ambientale, il cui aumento si arresta al 10%, e della sanità, per la quale in dieci anni ci si aspetterebbe un aumento maggiore del 34%.
Le opere pubbliche + 35%. Le spese militari +168%
Ancora più efficace per inquadrare la situazione è restringere il campo alla sole spese per l’acquisto di armi confrontandole con quelle per le opere pubbliche. Ebbene, queste ultime in un decennio sono cresciute del 35%, l’acquisto di armi invece è aumentato del 168%, quasi cinque volte di più degli investimenti per migliorare il benessere di tutti, come la costruzione di scuole, ospedali e acquedotti. Per di più la spesa per le armi, oltre ad assorbire una quota crescente delle risorse per gli investimenti in conto capitale, si rivela in termini economici un vero e proprio “cattivo affare”.
Insomma, nel silenzio generale, di mondo e di chiesa, si continuano a pianificare aumenti per le armi. Pensiamoci bene e cominciamo ad informarci un po’ di più. Forse è meglio qualche cingolato in meno e qualche scuola e ospedale in più. Questo sì sarebbe un bell’affare.