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Su quale Italia vale la pena scommettere

Su quale Italia vale la pena scommettere

[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Un impegno esemplare a favore di una massa di profughi.
La molta generosità dei molti italialni che “si accorgono” degli altri.
La morte di Satnam Sing e qull’Italia che non ci piace

Il Vietnam, i profughi, gli aiuti del governo italiano. Era il 1979

“Le navi vicine a voi sono della Marina Militare dell’Italia e sono venute per aiutarvi. Se volete, potete imbarcarvi sulle navi italiane come rifugiati politici ed essere trasportati in Italia. Attenzione, le navi vi porteranno in Italia, ma non possono portarvi in altre nazioni e non possono rimorchiare le vostre barche. Se non volete imbarcarvi sulle navi italiane potete ricevere subito cibo, acqua e infine assistenza e medici. Dite cosa volete fare e di cosa avete bisogno”.  

Sono le parole pronunciate da uno dei sacerdoti vietnamiti messi a disposizione dal Vaticano come interpreti, usate per comunicare con una massa di disperati che stavano scappando dal regime comunista di Hanoi. Era il 1979 ed era l’anno dei “boat people”: una moltitudine di vietnamiti fuggivano via mare su barche, zattere, imbarcazioni di fortuna. Naufragavano a migliaia, e a migliaia venivano assaliti e uccisi da moderni pirati. Come spesso accade di fronte alle tragedie degli altri tutti ne parlavano, tutti si commuovevano, ma nessuno faceva niente. Il Governo italiano nel luglio di quell’anno decise di inviare tre navi militari verso il golfo del Siam. Portarono in salvo in Italia 907 persone, la gran parte affette da denutrizione, disidratazione, dermopatie miste ad altre patologie. 

L’Italia generosa che non fa molta cronaca

Era un tempo e una stagione in cui gli stranieri presenti nel nostro Paese erano poche migliaia (il primo censimento degli stranieri nel 1981 ne registrò circa 320 mila) ma la vicenda del salvataggio dei Boat People resta un episodio di cui essere, come italiani,  orgogliosi.

Come ha scritto Nando Pagnoncelli c’è un’Italia che non fa notizia eppure capace di costruire una fitta trama di solidarietà e di accoglienza. L’Italia delle oltre 340 mila organizzazioni non profit, comunità o associazioni che ricuciono ogni giorno legami e storie. L’Italia delle missioni di peace keeping. L’Italia che dal 1986, anno della nube di Chernobyl, ha ospitato quasi mezzo milione di ragazzi nelle famiglie, la metà di tutti i bambini bielorussi in temporanea uscita dal loro Paese a seguito del disastro nucleare. L’Italia consapevole di ricostruire prima di tutto la sua anima: quell’anima positiva, accogliente, solidale che per diverse generazioni ha fatto in modo che il Paese crescesse non solo nella sua dimensione economica ma anche in quella sociale. E’ questa l’Italia su cui vale la pena di scommettere.  

L’altra Italia, quella che ha lasciato morire Satnam

L’Italia che viene contrabbandata oggi da alcuni ci piace poco. E sulla quale non vorremmo davvero scommettere. Nei giorni scorsi si è molto parlato della drammatica morte di Satnam Singh, 31 anni, cittadino indiano scaricato davanti casa con un braccio mutilato da un macchinario e deceduto dopo 48 ore.

Monsignor Crociata, vescovo di Latina, territorio della tragedia avvenuta, ha detto con franchezza: “Purtroppo, non è l’unico caso né il primo. È un caso che si verifica da tanto tempo nelle campagne e non solo. E’un fatto tragico, dolorosissimo per ogni coscienza sensibile. Ed è l’esito drammatico dell’assenza di sensibilità umana e di consapevolezza della dignità di essere umano”.

Mons. Crociata rileva come ci sia

questa convinzione sottesa secondo al quale un immigrato, che peraltro è assunto in condizioni lavorative precarie e indegne, costretto a lavorare in condizioni di scarsa sicurezza, non sia veramente uomo come noi. È qualcosa di meno, di non degno e che quindi si può trattare come si vuole, addirittura abbandonare. Questo è il punto. Ma questo è il segno di un degrado culturale prima che morale.

Il vescovo di Latina allarga quindi il discorso al panorama europeo. “Questo è il pericolo più grande che stiamo correndo come cultura di popoli dalla grande tradizione morale e ideale: questa perdita di sensibilità, questa mentalità che si diffonde e non riesce a guardare più oltre al proprio piccolo orizzonte e interesse”.

Noi su quale Italia vogliamo scommettere? Quella contrabbandata dai Ministri della Paura o quella che, tenacemente e spesso mossa in direzione ostinata e contraria, cerca di custodire ogni giorno l’impegno ad essere umani?

 

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