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Raccontare con l’arte la forza liberante del Vangelo

Raccontare con l’arte la forza liberante del Vangelo

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Ci sono diversi modi di guardare il mondo e la storia. Si possono leggere con gli occhi dei vincitori, dei garantiti, di chi siede al tavolo di coloro che contano.

Spesso la storia non è solo letta ma anche interpretata e raccontata da questo punto di vista. Ma la storia e il mondo si possono – e  a volte si devono – leggere con gli occhi dei vinti, delle vittime. Di chi sta ai margini, di chi non conta.

Leggere Dio partendo dalla periferia. Maximino Cerezo Barredo

Sono due prospettive radicalmente diverse. Cosi come sono diverse le prospettive di chi guarda Dio e la fede partendo dal centro, dalle istituzioni che dicono di rappresentarle, e chi legge Dio e la vicenda cristiana partendo dalla periferia. Anche in questo caso, le due prospettive sono diverse e non sempre coincidono. Lo stesso può dirsi per l’arte.

Ho pensato a lungo a tutto questo sfogliando un libro bellissimo, a cura di Angelo Cupini e Emanuela Pizzardi: Mino (Teka Edizioni), pubblicato nei mesi scorsi dalla Comunità di Via Gaggio (www.comunitagaggio.it). E’ il racconto umano e artistico di Maximino Cerezo Barredo, Mino appunto.

Mino è un artista e missionario clarettiano nato in Spagna, non lontano da Oviedo. Ha poi vissuto in tanti Paesi dell’America Latina, a servizio della Parola tradotta in un impegno artistico senza soste. Ha creato grandi murales, dipinti nelle Chiese, disegni della “Biblia de nuestro pueblo”. Si è poi spinto oltre il figurativo, verso l’astratto che cerca di ritradurre, ora nel contesto europeo, dove dal 2005 risiede, una spiritualità autenticamente evangelica.

Opere sempre capaci di stare dentro le vicende del tempo, strumento di denuncia e veicolo di informazioni spesso taciute e rimosse. Ma sono opere capaci di mostrare la gioia del Regno che viene.

Non senza strappi sono arrivato a capire che non c’è contraddizione nella mia vita tra la struttura spirituale, che amo fedelmente, e l’arte, che amo con la stessa intensità.

Pittore della liberazione

Maximino Cerezo Barredo, “Emmaus,” 2002

Mino (“pittore della liberazione” lo hanno definito) è un uomo, un credente che si è fatto interrogare dalla storia, provocare dalle vittime. Si è lasciato stimolare e consolare dagli amici (in particolare mons. Pedro Casaldaliga, l’indimenticato vescovo di São Félix do Araguaia, nello Stato del Mato Grosso, i confratelli Teofilo Cabestrero e Gonzalo Maria De la Torre Guerrero), incoraggiare dai poveri.

Lo racconta lui stesso.

C’era una contadina che a Juanjuí si pose nel primo dipinto che ho realizzato lì. Un murale che attraversava la chiesa per oltre 38 metri raccontando la Storia della Salvezza. Quella donna, quando raggiunse la fine del murale, trovò una figura che piangeva per la morte di un bambino, una donna che le assomigliava e che avevo dipinto io stesso.

Poi si sedette immobile, tirò fuori una candela e iniziò a pregare. Non un santo, ma un figlio morto. Suo figlio, forse. All’epoca pensavo che sarebbe stato assurdo smettere di dipingere. Io potevo unire il sacerdotale con l’arte”.

Si rende conto a poco a poco che l’arte poteva essere un veicolo per raccontare la forza del Vangelo. “Le mie armi, le mie trincee non erano quelle di un guerrigliero. Ho usato il messaggio della Parola, del colore e della pittura…”.

Gesù nero, meticcio, indio, europeo

Maximino Cerezo Barredo, Via Crucis

Certo, quella di Mino è un’arte sempre situata e dunque – proprio in nome del Vangelo – schierata.

Non avrei potuto essere neutrale. Era una società divisa e bisognava scegliere, ma la scelta per i poveri non è contro i ricchi. Optare per i poveri significa volere che lo diventino anche i ricchi”.

E’ la scelta di quel Gesù di Nazareth – il Dio dei poveri – che l’artista rappresenta nella potenza descrittiva che lo incarna come nero, meticcio, indio, europeo. Perché a tutti appartiene e nessuna cultura può ritenersi la sola ed unica depositaria (arrivando perfino a colonizzare l’immagine).

Un Gesù che si inginocchia a lavare i piedi, che siede a tavola con i suoi (che belle le cene che Mino disegna!), che si dà come pane da mangiare, che si muove per la vita affaticata della gente. Un Gesù che occorre restituire nella verità – sconcertante e rivoluzionaria – di un Dio che vive una consegna radicale all’uomo. Per questo, richiamando Jon Sobrino, Mino scrive che “il più grande pericolo nella chiesa è quello di far scomparire Gesù”.

Il libro è un lungo percorso che attraverso le molte opere e il grande lavoro di inculturazione frutto di autentica condivisione di vita con il popolo, mostra  in che modo il Vangelo è principio di speranza e di liberazione (altrimenti, se non lo fosse, che Vangelo viene contrabbandato?), la fede incrocia, anzi feconda la storia.

Maximino Cerezo Barredo, Aperto ao Espìrito

E la Chiesa, finalmente, diventa trasparenza del Regno. Come san Francesco d’Assisi, mons. Oscar Romero, padre Ignacio Ellacuria, padre Joao Bosco Penido Burnier e i tanti testimoni dipinti sui murales da Mino.

Una Chiesa che serve, samaritana, che, come dice Papa Francesco, ‘puzza di pecora’ perché è molto vicina ai fedeli.

Testimone credibile del cammino di resurrezione.

 

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