Piccoli esercizi di sinodalità. A proposito delle nomine dei preti
[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
Prima le voci, poi gli annunci, poi la paginona dell’Eco. E’ il rito del cambio dei preti nelle parrocchie.
I laici sono i grandi ignorati. Eppure i laici restano anche quando i preti se ne vanno.
E i laici conoscono la parrocchia meglio della curia e meglio del nuovo parroco
Il copione difficile da accettare. I preti cambiano, i laici restano
Il copione è quello consueto. Alcuni reiterati rumors pronunciati a sottovoce, mezze parole buttate in giro dagli interessati, annunci nelle comunità, per qualcuno prima nei Consigli Pastorali e poi per tutti durante l’eucarestia del sabato sera, infine, la domenica mattina, la paginata de L’Eco per la conferma. Ogni anno accade così per le destinazioni dei preti e le nomine dei parroci.
I laici nella Chiesa sembrano doversi limitare a prendere atto
Un modo di procedere che ha funzionato per decenni e che ora molti laici – donne e uomini che con passione si impegnano ogni giorno a dare volto alla comunità cristiana – faticano ad accettare. Faticano ad accettare di essere ignorati e di limitarsi unicamente a prendere atto delle decisioni. Perché, sostengono, loro restano mentre i parroci cambiano.
Perché, forse più di qualche buon prete, conoscono le difficoltà, i punti di forza e quelli di debolezza della gente che condivide con loro l’avventura cristiana. Che potrebbero raccontare a chi è chiamato poi a scegliere. Qualcuno può obiettare che neanche i sacerdoti che lasciano una parrocchia sono coinvolti nell’indicare alcuni criteri utili per la nomina del proprio sostituto. Se così fosse, che i preti si facciano sentire. Però, nonostante la differenza dei carismi, come non c’è comunità senza prete, non c’è prete senza comunità. Perché la parrocchia non finisce con il parroco.
La sinodalità non dovrebbe essere soltanto proclamata
Dunque perché non cominciare, finalmente, a provare a fare qualche piccolo esercizio di sinodalità? Quella sinodalità che per essere vera va vissuta e sperimentata concretamente, non soltanto messa a tema e declamata. Altrimenti, qui come altrove, rischia di suonare un po’ vuota e retorica.
Esistono laici che conoscono benissimo la situazione. Esistono consigli pastorali…
Allora, perché rispetto alle nomine non cominciare a coinvolgere i Consigli Pastorali? Certo, non per avere indicazioni sul nome (la scelta e la responsabilità sono proprie del Vescovo e dei suoi stretti collaboratori) ma per raccogliere informazioni preziose per il discernimento. Sulle priorità pastorali e le sfide che aspettano chi arriva e sullo “stile” che sarebbe bello poter custodire. Così di cercare di garantire il più possibile una certa continuità pur nella differenza di prete e di storia.
Mi rendo conto che la proposta è più facile scriverla che attuarla (anche per i diversi rifiuti che alcuni parroci oppongono ai loro cambiamenti) eppure da qualche parte e in qualche modo bisognerà cominciare. Sperimentare oggi quello che, certamente!, sarà normale tra non molto tempo. In fondo, è anche un modo per non dare impressione (assolutamente non vera nelle intenzioni) che la preoccupazione sia di riempire i buchi, trovare al più presto la quadra di tutte le caselle.
Insomma, se un prete è a servizio della comunità perché questa non è coinvolta? La scelta non è certo indifferente, né per il prete né per la gente alla quale il prete e destinato. E ancora: siamo sicuri che ogni sacerdote, per attitudine e competenze, sia adatto per ogni parrocchia?
Mettersi in ascolto, prendere sul serio le domande e le passioni delle donne e degli uomini che abitano da cristiani quella porzione di terra che è la comunità parrocchiale, sono alcuni passi possibili per dare forma a quel “santo popolo di Dio. Santo e peccatore, tutto. Ma popolo fedele”. (papa Francesco)