Navigare nel mondo virtuale ancorati alla realtà sociale
Contributo di Giovanni Garuti per guardare oltre la pandemia
Quando abbiamo varcato la soglia del terzo millennio cristiano con la speranza di riuscire ad evadere dal Novecento per una nuova stagione dell’umanità, liberata dalle guerre, dalle ideologie e dalle utopie, non avevamo previsto che la storia ci avrebbe costretto ad affrontare altre crisi e conflitti con conseguenti ricadute fra i popoli delle diverse nazioni.
La difficile conquista della pace e della giustizia attraversa ogni continente con il coinvolgimento degli abitanti per i diritti umani e sociali da difendere contro ogni ostacolo che impedisca la libera partecipazione dei cittadini alla difesa della dignità delle persone e del bene comune.
Il primo ventennio del Duemila ci ha inseriti nelle guerre di liberazione, nelle migrazioni intercontinentali, nelle crisi economiche internazionali, nelle questioni ambientali, nella rivoluzione digitale, ma purtroppo anche nella inattesa pandemia che ha sconvolto ogni progetto di cambiamento.
Dal globale al locale, il mondo si è fermato, siamo obbligati a tenerci a distanza, crescono le difficoltà a tessere relazioni, si rialzano le frontiere, il lavoro scompare, si resta in attesa di uscite di sicurezza per tornare a vivere.
Se, come dice Papa Francesco, siamo sulla stessa barca e nessuno si salva da solo, e se dopo “nulla sarà più come prima”, che fare nella quotidianità?
La via d’uscita temporanea sembra essere la resilienza in zoom, facebook, youtube e streaming, ma è evidente che sperando nel vaccino liberatorio, si devono sperimentare alternative per uscire dall’isolamento e dall’individualismo con buone pratiche di solidarietà, di condivisione, di fraternità.
Le ACLI, nate nell’immediato dopoguerra, hanno già attraversato, nei trequarti di secolo che hanno vissuto, molte stagioni con gli inevitabili aggiornamenti dell’identità e dell’azione, dagli anni della ricostruzione al Concilio, dall’attività sindacale alla vocazione di movimento educativo e sociale, dallo statuto dei lavoratori alle lotte per le riforme, dalla solidarietà internazionale all’accoglienza degli stranieri, dai servizi alle persone alle imprese, dall’Italia ai Paesi di accoglienza dell’emigrazione italiana.
Ma è soprattutto dai Circoli ACLI nelle Parrocchie o sul territorio, attualmente costretti all’inattività, che la popolazione si attende la continuazione dell’impegno sociale per il diritto al lavoro, che scompare o viene trasferito all’estero, il diritto alla casa, la riqualificazione professionale, l’uscita dalle condizioni di povertà, i servizi di assistenza fiscale e previdenziale.
Naturalmente non da soli, ma in rete con le comunità parrocchiali, la Caritas. il terzo settore, il volontariato e le istituzioni amministrative, per creare un tessuto sociale di accoglienza, integrazione e solidarietà concreta, contro il rischio degli abbandoni, delle marginalità e degli scarti.
I molti “mestieri” delle ACLI, che si sono moltiplicati nel tempo in relazione alle esigenze emergenti dei lavoratori e delle famiglie popolari, hanno radici nel messaggio evangelico e nell’insegnamento della Chiesa, per la “promozione dei lavoratori” e lo “sviluppo integrale di ogni persona”, ed è quindi evidente che c’è sempre molto spazio anche nell’attuale emergenza sanitaria e sociale.
Sono “prove di futuro” che, nonostante il difficile ricambio generazionale delle associazioni tradizionali, ci consentiranno di attraversare la crisi con il cantiere delle opere, consapevoli che la ricostruzione dell’azione sociale dovrà ripartire dalle speranze, dai progetti e dalla partecipazione dei giovani.
Se non si vuole vivere disorientati e in un “tempo sospeso”, si può ripartire dall’identità e dalla rilettura della storia delle ACLI, con lo sguardo proiettato sulla situazione attuale, per sviluppare animazione sociale e condivisione, creare servizi, attivare relazioni e connessioni finalizzate alla rigenerazione associativa e alla proiezione in campo aperto delle attività formative e di promozione dei rapporti di buon vicinato e di fraternità.
Non si tratta della nostalgia del come eravamo, ma del recupero della memoria della “provvidenziale missione” delle Acli che hanno favorito l’elevazione delle condizioni di vita dei lavoratori, mantenendo vivo lo “spirito di solidarietà”, per far prevalere i principi della giustizia nel nuovo ordine sociale, con l’apertura al bene comune e ai bisogni della comunità.
Un patrimonio da riscoprire, valorizzare e attualizzare, in una società complessa, dove l’ascolto e il dialogo diventano determinanti per superare ingiustizie e disuguaglianze, nella prospettiva del “sognare insieme”, con cittadini di diversa cultura e religione, per una convivenza liberata dai pregiudizi e dalle separazioni etniche, che favoriscono atteggiamenti di esclusione e di marginalità sociale.
Le “buone pratiche” sperimentate dai Circoli, anche nell’emergenza sanitaria, alimentano la speranza che “andrà tutto bene”, se continueremo a progettare, con la collaborazione degli aclisti delle varie generazioni, la “cultura della cura”, le opere di misericordia, l’accoglienza delle diversità, l’accompagnamento all’inclusione, la condivisione delle povertà, l’uscita dall’indigenza, l’emancipazione dei lavoratori, la creazione di imprese sociali, l’apertura all’Europa e alla solidarietà internazionale.
I giovani delle ACLI ci invitano a rimanere uniti rispettandoci a vicenda, a prenderci la mano e camminare insieme, a spenderci con gli altri per aiutare la comunità, a portare messaggi di pace quotidiana, a riscoprire la fratellanza, a perseverare nella carità e nel dono, con semplicità e in comunione.
Le testimonianze di fede di David Maria Turoldo e Ernesto Balducci, di Tonino Bello e Carlo Maria Martini, di Lorenzo Cantù e Giovanni Bianchi, oltre che di tanti altri “santi minori” della porta accanto, ci consentono di alimentare la speranza che “fare le ACLI” è ancora possibile, con il coinvolgimento delle comunità cristiane e dalla società civile, per valorizzare la partecipazione dei cittadini nella costruzione di una comunità accogliente e solidale.