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Morti sul lavoro. I tempi di produzione e le persone

Morti sul lavoro. I tempi di produzione e le persone

[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

80 morti al mese. Negli ultimi vent’anni 26.199: 1300 all’anno. E’ la continua strage di lavoratori. Su questo dramma l’attenzione dell’opinione pubblica è solo “intermittente”

“Non stiamo facendo abbastanza”. Il Presidente Mattarella lo ha detto a chiare lettere a seguito della tragedia di Brandizzo, dove cinque operai dell’azienda di impianti ferroviari Sigifer sono stati investiti da un treno mentre svolgevano alcuni lavori di manutenzione sui binari. 

I numeri. Impressionanti

Di lavoro e sul lavoro si continua a morire, nelle fabbriche, nei campi e nelle serre, nei cantieri edili, nei magazzini, sui mezzi di trasporto.

Lo testimoniano inequivocabilmente i dati Inail: dall’inizio del 2023 contiamo in media 80 morti al mese (tra questi, tanti cittadini di origine straniera e donne) mentre nell’ultimo ventennio i morti sul lavoro nel nostro Paese sono stati ben 26.199, circa 1300 ogni anno.   

Dietro ciascun numero, una persona, una famiglia devastata dalla perdita, interrogativi che si rincorrono, promesse e impegni, spesso dichiarati e non mantenuti. Morti bianche, come comunemente chiamate, che non fanno rumore e che soltanto un treno a tutta velocità che travolge cinque operai porta alla ribalta.

Le reazioni dal mondo della politica, del sindacato e dell’opinione pubblica di fronte ai ripetuti incidenti non si fanno attendere. Ma viene da pensare che si tratti del consueto “allarme intermittente”, che accende i riflettori per un attimo sul tema, salvo poi scomparire fino al prossimo disastro.

Manca una vera “cultura della sicurezza”

Il richiamo del Presidente della Repubblica dopo l’incidente alle porte di Torino pone l’accento su questo aspetto. Nella lettera al Ministro del Lavoro Calderone, indica come “la cultura della sicurezza debba permeare le Istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro”. Perché si tratta innanzitutto di un problema culturale, con la sicurezza spesso vista come ‘accessoria’ rispetto al core business delle aziende.

Scarsa prevenzione, formazione inadeguata per chi è impiegato in mansioni ad alto rischio, basso numero di controlli specie in presenza di sub-appalti, ritmi frenetici.

Il ritratto della cultura della sicurezza sul lavoro presenta troppe sbavature per pensare possa trattarsi di un problema legato alle contingenze. E’ profondamente radicato nel modo di intendere il lavorare, soprattutto in certi settori, soprattutto in certe aree del Paese.

Che lavoro è quello che mette al centro i tempi di produzione e non la persona, che chiede sacrifici ma non offre sufficienti garanzie? Non è forse è un modello economico da ripensare? Muoviamoci, perché non sia uno sdegno solo di facciata.

 

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