L’arte dei dettagli. La mosca nel quadro
[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
L’arte è anche l’arte dei dettagli. Sono i dettagli, infatti, a fare la differenza. Ed è sempre la piccola storia che ti aiuta a decifrare la Storia. Non c’è altra strada.
Anche quando ti soffermi davanti ad un quadro. E’ la sfida che Pietro Pisarra, giornalista e sociologo che vive da molti anni a Parigi dove è stato corrispondente RAI e ha insegnato all’Institut Catholique, ha fatto propria scrivendo questo testo – La mosca nel quadro. L’arte svelata (Roma, Ave, 2021, pp.416, euro 34). In realtà il libro raccoglie, rivedendoli, numerosi articoli apparsi precedentemente sulla rivista Jesus.
Cosa ci fa una mostra nel quadro? Scherzo del pittore, virtuosismo artistico o indizio di qualcosa d’altro, rimando simbolico ad un interrogativo più grande? Dall’antichità ad oggi, nella storia dell’arte sono decine le “mosche nel quadro”. Piccoli e apparentemente insignificanti dettagli che introducono uno scarto rispetto al soggetto principale (dalla mosca fino agli occhiali che Lorenzo Lotto fa inforcare all’apostolo Tommaso per vedere se davvero Maria viene assunta in cielo).
Un divertissement piacevolissimo, un libro, raffinato e di qualità, che è stato un piacere leggere. A Pietro Pisarra – già direttore di Segno7, la rivista dell’Azione Cattolica – ho posto alcune domande.
La mosca nel quadro, perché questo titolo?
Perché la mosca è l’elemento incongruo, l’insetto insignificante che si intrufola nella scena e finisce per catturare lo sguardo. È indice di virtuosismo (non è facile dipingere una mosca!), ma anche segno di una realtà sfuggente, di un significato altro rispetto al tema principale. E’ un significato che è lì, ben visibile, ma aspetta di essere decifrato. E poi la mosca è l’emblema dell’effimero, della caducità della vita, il classico memento mori. L’arte è anche l’arte dei dettagli e i dettagli rimanda a un altrove spesso inatteso.
Nelle vanità di epoca barocca, i dipinti che celebrano il trionfo del tempo e del disinganno sulla fragile e passeggera bellezza, la troviamo spesso accanto agli altri emblemi, uno specchio, una clessidra, una bolla di sapone, una candela che si spegne e un teschio… Questo insetto spregevole, che ama il putridume, finisce per rappresentare la dimensione tragica della vita.
Da uno dei bestiari medievali la mosca è addirittura accostata a Gesù Cristo…
Sì, da un Bestiario moralizzato del XIII o XIV secolo in volgare italiano. Ed è per noi un accostamento sconcertante, se non se ne coglie la logica. Un accostamento “tirato per i capelli”, più di quanto appaia dal breve cenno nel mio libro. Fatti a immagine e somiglianza di Cristo, gli uomini sono chiamati a imitare la mosca che torna a posarsi con insistenza nei luoghi e sulle cose da cui è stata scacciata. Con un ragionare contorto, nel Bestiario in questione si esorta il cristiano a ritornare alla propria origine, allo “stampo” originale.
A una prima lettura, si può essere indotti in errore, saltando i vari passaggi del ragionamento. Ma anche di questi errori o di queste scorciatoie interpretative è fatta la storia dell’arte. L’ardito accostamento tra Gesù Cristo e la mosca avrebbe richiesto una trattazione più ampia da parte mia per evitare il corto-circuito o il tranello in cui è facile cadere. La lettura corretta è questa: l’uomo, «creatura a Cristo semeliata», deve fare come la mosca, «creatura despreçata». Intanto, grazie per avermi permesso di correggere il tiro, in attesa di una nuova edizione, se ci sarà.
Andare oltre l’apparenza delle cose per ricercare il motivo nascosto, questo suggerisci essere la ragione degli artisti nell’inserire dentro i quadri mosche, gatti, api e perfino elefanti. Come se ci volessero dire: “andate oltre l’ovvio, alzate lo sguardo”. Non è la funzione dell’arte?
Penso di sì. Evitare l’ovvio, le trappole di una prima lettura, senza però perdere il piacere di una lettura “ingenua”, il lasciarsi guidare dall’opera d’arte, dalla sua logica interna, dallo stile… Ma l’arte, ogni arte, non è mai soltanto uno specchio del mondo, è, come diceva Paul Klee, una ricreazione del mondo. Ogni vero artista è un inventore di mondi.
“Entrare” nel quadro è entrare nella vita e nella tensione, anche spirituale, del suo autore. Non è mai solo un’esperienza estetica…
È questo l’insegnamento dell’iconologia, di Aby Warburg, l’iniziatore, e, soprattutto di Erwin Panofsky. La storia dell’arte non può fare a meno della storia delle idee e delle mentalità. È storia totale, della cultura materiale, dei costumi, delle feste, dei riti, dei proverbi… Come si fa a capire Bruegel senza addentrarsi nella cultura contadina delle Fiandre nel XV e XVI secolo? E Bruegel è la dimostrazione mirabile che l’arte è anche l’arte dei dettagli.
L’arte custodisce ed esprime la verità del tempo che assume necessariamente forme e modi diversi di raccontarsi. Oggi i cristiani paiono temere il linguaggio artistico…
L’arte è sempre una scommessa, un salto nell’ignoto, forse anche una “conversione” dello sguardo. La riproduzione è più rassicurante. Ma i veri nemici sono l’oleografia e l’enfasi, l’ampollosità, le sdolcinature e le svenevolezze, il materialismo da quattro soldi spacciato per spiritualità. E poi, non ultimo, il disprezzo malcelato del popolo, a cui si offre il peggio, per non essere considerati “élitari”, intellettualisici. È, in altri ambiti, l’equivoco o il diktat della cosiddetta cultura nazional-popolare, un artificioo un’invenzione che di popolare ha ben poco.
La Bibbia è il grande codiceche ha alimentato l’immaginario degli artisti di ogni tempo. Tu credi che valga anche per l’arte contemporanea?
Purtroppo sempre meno. Ma la Bibbia resta il grande deposito di simboli della nostra cultura. È un vocabolario dell’umano, delle passioni che ci animano, degli interrogativi eterni sulla vita, il male, la morte. Penso in particolare ai libri poetici, a Giobbe e ai Salmi. Ma è anche una straordinaria miniera di storie, di racconti archetipici, di personaggi carnali, umani, troppo umani…
Storie e personaggi che continuano a ispirare la letteratura e, di riflesso, l’arte. Nel passato recente non mancano gli esempi di artisti, penso a William Congdon, a Graham Sutherland, che hanno attinto alla linfa vitale della Bibbia, trasfigurandola con il loro linguaggio.
Fra i molti autori presentati nel libro, ce n’è uno a cui sei più affezionato? E perché?
Rembrandt, per la profondità con cui mette in scena la commedia umana, mescolando sacro e profano, alto e basso, il triviale e il solenne. E per il chiaroscuro, sfumato, raramente violento. Rembrandt è il grande maestro delle passioni.