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La prospettiva civica: un’Italia che partecipa a velocità diverse

La prospettiva civica: un’Italia che partecipa a velocità diverse

Negli ultimi anni, il panorama dell’associazionismo sociale in Italia ha subito profonde trasformazioni. Il decimo rapporto IREF sull’associazionismo sociale, “La prospettiva civica. L’Italia vista da chi si mette assieme per cambiarla”, curato da Cristiano Caltabiano, Tommaso Vitale e Gianfranco Zucca, offre una fotografia dettagliata di questi cambiamenti, evidenziando le sfide e le opportunità per il terzo settore.

Uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca riguarda le disuguaglianze nella partecipazione civica. Se da un lato il numero di enti non profit in Italia è cresciuto (passando da 301.191 nel 2011 a 360.625 nel 2021, con un aumento del 19,7%), dall’altro si osservano profonde differenze nell’accesso e nel coinvolgimento a seconda della classe sociale di appartenenza.

Chi partecipa e chi resta ai margini?
Il rapporto evidenzia come la partecipazione all’associazionismo e al volontariato non sia distribuita in modo uniforme nella società. Alcuni gruppi sociali sono molto attivi, mentre altri rimangono ai margini:

Le classi medie e alte hanno maggiori opportunità di coinvolgimento. Questo è dovuto sia alla disponibilità di tempo libero, sia a una rete di contatti più ampia, che facilita l’accesso alle opportunità associative. Molti volontari appartengono a categorie professionali elevate e istruite, che vedono l’impegno civico come un’estensione della loro carriera e del loro status sociale.

Le classi popolari e precarie hanno invece meno possibilità di partecipare. Il motivo principale è legato alle condizioni lavorative: chi ha impieghi meno stabili, turni irregolari o una maggiore precarietà economica trova difficile dedicare tempo ad attività associative. Inoltre, spesso non percepisce il volontariato come uno strumento utile per migliorare la propria condizione sociale.

I giovani e le donne incontrano ostacoli specifici. I primi sono spesso coinvolti in forme di attivismo più fluide e intermittenti, mentre le seconde, pur rappresentando una quota significativa del volontariato, sono spesso relegate a ruoli di cura e supporto piuttosto che a posizioni decisionali.

Volontariato intermittente e nuove forme di impegno
Nel libro si sottolinea anche come la partecipazione civica sia diventata più episodica e discontinua. Sempre più persone scelgono di impegnarsi solo in situazioni di emergenza o attraverso forme di attivismo digitale, senza un’adesione stabile a organizzazioni strutturate. Questo fenomeno, definito “solidarietà intermittente”, è stato evidente in momenti come la pandemia, la crisi dei rifugiati ucraini e l’alluvione in Emilia-Romagna, quando migliaia di cittadini si sono mobilitati spontaneamente, ma senza necessariamente entrare a far parte di un’associazione nel lungo periodo.

Il rischio dell’“arcipelago civico”
Gli autori del rapporto descrivono il terzo settore italiano come un arcipelago di isole sempre meno connesse tra loro. Se in passato le organizzazioni sociali tendevano a collaborare e a costruire reti, oggi si assiste a una frammentazione crescente. La riforma del terzo settore ha contribuito a definire un quadro normativo più chiaro, ma allo stesso tempo ha escluso molte realtà informali, rendendo più difficile il coinvolgimento delle fasce più deboli della popolazione.

Ripensare la partecipazione per un’associazione più inclusiva
Il libro invita a riflettere su come rendere l’impegno civico più accessibile e inclusivo. Le grandi associazioni devono adattarsi alle nuove modalità di partecipazione, trovando un equilibrio tra strutture organizzative tradizionali e forme più leggere e flessibili. Inoltre, è fondamentale lavorare per superare le barriere economiche e sociali che limitano l’accesso all’associazionismo, affinché la prospettiva civica possa davvero coinvolgere tutti i cittadini.

🔗 Per approfondire, il libro è disponibile qui:
La prospettiva civica – Feltrinelli

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