La metamorfosi della città nel cambio d’epoca digitale
Articolo di Giovanni Garuti
Immersi nella ricostruzione dei legami sociali allentati negli anni dell’epidemia e coinvolti nella crisi internazionale generata dall’invasione dell’Ucraina, con tutte le inevitabili conseguenze sulle condizioni di vita a causa della ripresa dell’inflazione e dell’aumento delle disuguaglianze, rischiamo di distogliere l’attenzione su “quello che succede in città”, in una fase di accelerata fase di trasformazione del tessuto urbano e dell’identità di Milano.
Sarebbe infatti sufficiente andare sul terrazzo della Triennale o alla Cascina Merlata nell’area Expo, per rendersi conto della nascita, nelle aree industriali dismesse, negli scali ferroviari in disuso e ai confini metropolitani, di nuovi quartieri a vocazione verticale con creatività architettoniche ardite, mentre altrettanta attenzione non sembra rivolta all’armonizzazione con la città storica dei quartieri popolari e delle periferie forse abbandonate al loro destino di marginalità e degrado.
Una serie di convegni alla Casa della Cultura, a Palazzo Reale e in Sala Alessi, offrono però l’occasione per riaprire il dialogo con i cittadini e evitare che le “grandi opere” previste dal Piano di governo del territorio, cadano dall’alto generando squilibri e abbandoni, incomunicabilità e tensioni sociali nella utopica città dei “quindici minuti”.
Milano a 150 anni dall’annessione dei borghi e delle terre agricole dei Corpi Santi e a cent’anni dell’aggregazione dei Comuni di Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Gorla, Precotto, Greco, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino, con Turro, Lorenteggio, Ronchetto sul Naviglio e Ponte Lambro, deve ancora fare i conti con il mancato decentramento amministrativo da Palazzo Marino, nonostante la creazione delle venti zone e poi dei nove Municipi senza tuttavia le sufficienti deleghe di autonomo governo locale.
La riscoperta delle periferie antiche e nuove e della realtà dei quartieri, è un dovere del Sindaco e dell’Amministrazione comunale che deve coinvolgere i cittadini, le forze sociali, il terzo settore e le organizzazioni filantropiche e di volontariato, per una gestione condivisa degli interventi e delle innovazioni urbanistiche, al fine di affrontare distonie e squilibri in un percorso di condivisione e partecipazione indispensabile per una città solidale e vivibile.
Si parla di programmazione e di pianificazione territoriale come di una “navigazione” verso forme di prossimità, con processi di innovazione sociale, di liberazione dello spazio pubblico, di tempi di lavoro e di vita comunitaria, di solidarietà intergenerazionale e interetnica, di servizi sanitari locali, per affrontare tutte le necessità della comunità residente con il superamento delle solitudini e delle ghettizzazioni.
La rigenerazione urbana e la transizione ecologica, in relazione all’impatto della rivoluzione digitale, deve stimolare la sinergia degli interventi pubblici e privati, nell’ottica del bene comune e della qualità della vita, con spazi di condivisione per il superamento dell’incomunicabilità fra cittadini di diversa provenienza, cultura e religione, riscoprendo anche un ruolo dei quartieri e delle periferie in un’ottica di policentrismo dei poteri e dei saperi metropolitani.
Si devono far affiorare i nuovi bisogni e le emergenze nella città complessa e diseguale, per valorizzare i servizi di comunità e le buone pratiche del welfare cittadino, con il superamento delle fragilità, delle povertà, della non autosufficienza, nella prospettiva della cultura dell’inclusione.
Al Convegno sulle “città giuste”, il confronto fra Milano, Napoli, Bologna, Bari, Torino, Firenze e Palermo, ha infatti evidenziato la necessità di sperimentare azioni creative per il benessere delle persone, con l’assistenza domiciliare, la valorizzazione del privato sociale, le strutture semiresidenziali, le politiche di integrazione, la lotta alle discriminazioni, i servizi di prossimità, le offerte di lavori sociali, le prese in carico, la condivisione delle disabilità .
Nell’attuale fase di metamorfosi della metropoli lombarda, sta riemergendo il protagonismo dei quartieri coinvolti nei percorsi di internazionalizzazione della città, con grandi interventi dalla Bovisa a Loreto, da Crescenzago a Lambrate, dal Bosco della Musica alla Biblioteca europea, oltre alla futura destinazione degli scali ferroviari dismessi e alle opere previste per le Olimpiadi invernali.
Si deve affrontare inoltre la questione dell’ecosistema digitale urbano e del ruolo dell’intelligenza artificiale nella smart city da fondare su valori etici e sulla tutela della privacy, sulla protezione dei dati e sulla condivisione delle informazioni, per fornire ai cittadini servizi civici adeguati all’epoca che stiamo attraversando, fra accessibilità e trasparenza, consenso informato e sicurezza.
La città che si innalza e si espande, che si colloca su uno scenario europeo e mondiale, non può fondarsi soltanto sugli automatismi degli algoritmi e sul dinamismo dell’innovazione tecnologica, senza un coinvolgimento degli abitanti in trasformazioni che incidono sulla qualità dell’abitare e del vivere nella società contemporanea.
Si riuscirà a superare l’attuale disimpegno civico, dovuto naturalmente alla complessità dei problemi da affrontare, con una maggiore presenza e attenzione alle scelte per costruire la futura città della condivisione fraterna ?
E’ comunque possibile intanto mobilitare i quartieri interessati per una presa di coscienza delle trasformazioni in corso d’opera, con l’obiettivo di avviare una democratica e partecipata dialettica fra le varie opzioni urbanistiche.