La Libia continua a essere un inferno
[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
Detenzione arbitraria, tortura, trattamenti inumani, stupri, violenze sessuali, lavori forzati e uccisioni illegali
Questo è l’atroce destino cui, negli ultimi cinque anni, sono andati incontro oltre 82.000 uomini, donne e bambini intercettati in mare e riportati in Libia – 32.425 solo nel 2021 – grazie alla collaborazione dell’Unione europea con lo stato nordafricano, collaborazione in cui l’Italia è dal 2017 in prima linea.
Gli accordi tra Italia e Libia
Il 2 febbraio è stato infatti il quinto anniversario degli accordi di cooperazione – sottoscritti per l’Italia dal Governo Gentiloni e per la Libia dall’allora premier Fayez Serraj – finalizzati all’intercettamento dei migranti e dei rifugiati durante la traversata del mar Mediterraneo e al loro ritorno forzato nell’inferno libico.
Cinque anni, eppure oggi come allora la Libia non è un Paese sicuro. Certamente non per le ventimila persone, secondo la recente denuncia di Oxfam, di cui non si hanno più notizie. Così scrive il Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati:
Sono ampiamente documentate violazioni sistematiche di convenzioni internazionali sull’asilo e sul rispetto dei diritti umani. Per questo chiediamo di porre fine all’accordo e di investire risorse per evacuare i migranti dalla Libia, come è stato fatto in passato per piccole quote di persone vulnerabili, e prevedere vie di ingresso legali e sicure.
Sulla stessa lunghezza d’onda, molte organizzazioni – Amnesty International, Emergency, Medici senza frontiere, Migrantes – si sono rivolti al Governo con un documento dove, oltre alle denunce circostanziate di continue violazioni dei diritti umani da parte delle autorità libiche, chiedono la revoca immediata del Memorandum.
Nel testo si fa riferimento agli «ingenti finanziamenti garantiti dall’Italia alle autorità libiche» e che si sono rivelati «un fattore che agevola la strutturazione di modelli di sfruttamento, riduzione in schiavitù e violenze definiti come crimini contro l’umanità dalla Missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite”.
E i disperati che non fanno notizia pagano
Secondo Oxfam, dalla firma dell’accordo l’Italia ha speso 962 milioni euro per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali italiane ed europee. Circa 270 milioni di euro sono stati spesi in missioni nel paese. I risultati non solo quelli assicurati al momento della firma.
E mentre si sostengono le milizie libiche, poco e niente si fa per favorire gli ingressi legali in Europa. «Evacuazioni, corridoi umanitari e resettlement – denunciano le 96 associazioni – si sono dimostrate gravemente insufficienti a garantire l’accesso ai diritti e alla protezione in maniera generalizzata, sia per la limitatezza dei mezzi, sia per l’assenza di garanzie procedurali e il carattere concessorio proprio di questi sistemi».
La Libia resta un banco di prova di una politica – europea ed italiana – che, in nome di un presunto realismo, fa pagare un costo altissimo ai più disperati, donne e uomini, vecchi e bambini, che non fanno notizia. Fino a quando volteremo la testa dall’altra parte?