Il parroco ha deciso: niente sinodo
[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
Il parroco ha deciso: niente sinodo. Un amico mi racconta che il suo parroco durante un recente incontro ha sostenuto con convinzione l’idea e la volontà di non voler avviare nessuna azione sinodale.
Il sinodo: la confusione regna sovrana
E’ uno dei segnali (non l’unico, evidentemente) della fatica a far “decollare” il cammino sinodale. D’altronde, dopo le celebrazioni di apertura e alcuni momenti pubblici (l’ultimo, quello di sabato, a Milano, molto bello, dove duecento giovani di tutte le province lombarde si sono confrontati con i vescovi), non è ancora chiaro come sarà il percorso di ascolto “dal basso”. La confusione pare regnare sovrana.
Come ha scritto padre Giacomo Costa, direttore di “Aggiornamenti Sociali”: “camminare insieme trasmette immediatamente due caratteristiche fondamentali, tenendole unite. La prima è il dinamismo del movimento, di un processo che punta a un cambiamento. Chi vuole che tutto rimanga com’è, non si mette in cammino. La seconda è espressa dalla parola “insieme”: il processo sinodale si pone nella linea della costruzione di un “noi”.
Necessario cominciare
E forse al di là di molte parole rimaste per lo più sulla carta, è la fatica del “noi” a prevalere. Dobbiamo riconoscere che come Chiesa non siamo proprio abituati a discutere e a confrontarci. A tutti i livelli. Non credo sia il caso di fare esempi perché li abbiamo in mente tutti. Eppure bisogna cominciare. E dunque, prima di elencare gli immancabili cahiers de doleance sarebbe opportuno che ad ogni livello (diocesi, Cet, parrocchie, associazioni, gruppi) si cominci a dare parola e ad ascoltare. Anche in questo caso, forse, il processo è più importante del prodotto finale.
Raccontare l’umanità del Vangelo
Con un’avvertenza che sento importante. Il cammino sinodale ha la sua forza se è fatto da cristiani capaci di “andare oltre il proprio ombelico e con analisi auto consolatorie o lamentazione laceranti” (Brunetto Salvarani).Occorre uscire dal recinto, fuori dal tempio, e mettersi in ascolto empatico con un mondo sempre più abitato da donne e uomini che sembrano aver smarrito il senso di Dio ma che custodiscono inquietudini e domande che sarebbe il caso di condividere, di prendere sul serio.
E, umilmente, raccontare loro, meglio se con la vita, l’umanità del Vangelo. L’unica perla preziosa – che nessuno possiede interamente – per questi giorni inquieti.