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Il dovere civico del voto, una conquista della democrazia

Il dovere civico del voto, una conquista della democrazia

Articolo di Giovanni Garuti

L’inattesa crisi del governo d’emergenza del premier Draghi, chiamato dal Presidente Mattarella a guidare una coalizione disomogenea per affrontare e gestire gli impegni assunti con l’Unione europea in relazione alla crisi economica e sociale generata dalle conseguenze dell’epidemia, ha costretto all’urgenza delle elezioni anticipate in una situazione di forte disorientamento delle forze politiche e della popolazione.

C’è infatti il rischio che la tendenza ormai universale a disertare i seggi elettorali e le urne, si trasferisca purtroppo anche in Italia, con la deriva di un divorzio che appare quasi irreversibile fra le istituzioni democratiche e la  vita quotidiana dei cittadini, con i partiti che non sembrano più essere nella condizione di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” come prevede la Costituzione italiana.

Che fare allora per evitare che l’improvvisa campagna elettorale estiva di fine legislatura anticipata, si trasformi inevitabilmente in uno scontro dialettico quasi soltanto attraverso i giornali o in televisione, con l’esclusivo dibattito fra i diversi candidati alla Camera e al Senato, scelti dai leader delle varie liste senza il coinvolgimento razionale ed emotivo dell’elettorato costretto a votare con una legge parzialmente maggioritaria e senza preferenze?

Si deve innanzitutto evitare di cadere nella spirale del pessimismo e dell’antipolitica, per recuperare il diritto alla libertà e all’eguaglianza, con la possibilità di realizzare concretamente “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” nella definizione degli obiettivi di giustizia sociale, di solidarietà e di apertura all’Europa e alla comunità internazionale.

Recuperare la volontà e la capacità di elaborare dal basso, personalmente e in forme associate, i progetti e i programmi, in un confronto dialettico con le promesse elettorali dei partiti, ci consente di valutare, condividere o contestare le varie proposte legislative, al fine di evitare scelte in contraddizione con la storia della Repubblica fondata sui “diritti inviolabili dell’uomo” e sulla “pari dignità sociale” nel cambio d’epoca che stiamo attraversando.

Se nella scelta delle candidature non sembra che le diverse coalizioni partitiche si siano preoccupate di coinvolgere anche la società civile e le organizzazioni sociali esperte di sussidiarietà, è pero evidente che l’esperienza maturata a contatto con i bisogni della popolazione ha evidenziato le priorità di intervento su temi essenziali del diritto al lavoro, dell’abitazione, della sicurezza sociale.

Le richieste e i suggerimenti elaborati dalle varie associazioni in vista delle elezioni, possono diventare materiale fondante per ricostruire una visione del futuro, da valutare insieme nel rapporto con le istituzioni e per ricucire un tessuto sociale lacerato dagli squilibri e dalle ingiustizie nella gestione della cosa pubblica, con conseguenze inaccettabili per la convivenza civile e le condizioni di vita delle classi popolari.

C’è ormai un distacco crescente fra le contraddizioni della politica e l’opinione pubblica, spesso alimentata da populismi e rinascenti nazionalismi, che rischiano di minare le basi della democrazia con proposte di chiusure anacronistiche al dialogo interreligioso, all’accoglienza e all’integrazione, al riconoscimento dei diritti universali e costituzionali, alla costruzione europea e al superamento delle controversie internazionali.

Per quanto riguarda inoltre la “questione cattolica”, e cioè l’irrilevanza della presenza dei rappresentanti del cattolicesimo democratico e sociale nelle liste dei candidati, si deve tuttavia riconoscere la scelta di molti di operare prevalentemente nell’area delle associazioni, del volontariato e delle amministrazioni locali, con agganci alle realtà parrocchiali e pastorali, in attesa di poter tornare a far politica ai più alti livelli istituzionali per il bene comune.

I processi di secolarizzazione e il superamento del clericalismo, non impediscono affatto la testimonianza dei laici cristiani per una società più giusta e solidale, da edificare in collaborazione con altre prospettive ideali, per evitare derive antidemocratiche e per raggiungere traguardi di partecipazione e di condivisione necessari al progresso fondato sui “talenti” delle persone e su una società liberata dalla povertà, dalle discriminazioni e dalle ingiustizie.

I dibattiti e i confronti fra i candidati delle diverse forze politiche che si stanno sviluppando su iniziativa dei Circoli Acli e che si svolgono all’insegna del “Paese della dignità” e per “l’Italia che vogliamo essere”, devono trasformarsi in un invito al voto con la scelta di campo radicata sul diritto al lavoro, sul welfare, sull’accoglienza, sulla cultura, sull’equità fiscale, sull’ambiente e sulla promozione della pace fra i popoli.

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