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Il costo sociale del Prosecco. Il coraggio del vescovo di Vittorio Veneto

Il costo sociale del Prosecco. Il coraggio del vescovo di Vittorio Veneto

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Succede che se si sta sui grandi principi l’accordo è totale. Quando invece si cerca di tradurre in scelte e comportamenti, allora nascono presto i distinguo e le polemiche. Capita spesso ai cristiani: se stanno genericamente sui grandi temi, il consenso è garantito. Se fanno la fatica e si assumono la responsabilità della mediazione, ovvero la traduzione dei valori dentro la complessità delle questioni in gioco, allora diventano “di parte” e sono criticati. Al punto che tanti, tra i cristiani, preferiscono astenersi e, se intervengono, preferiscono ragionare per sommi principi correndo il rischio di essere insignificanti. Non è andata così invece al coraggioso vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, che nella lettera indirizzata alla diocesi per settembre, mese del Creato, prende posizione netta a proposito del suo territorio. 

Premessa: nel territorio della Diocesi ci sono le magnifiche colline di Valdobbiadene dove già dal dodicesimo secolo la viticoltura faceva già parte della vita quotidiana. Protagonista assoluto è oggi il Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG, un vino bianco con le bollicine che ha fatto conoscere il Made in Italy nel mondo. In poco più di 7500 ettari di terreno vengono prodotte quasi 100 milioni di bottiglie l’anno. Un business (solo il DOCG ha un giro d’affari di tre miliardi di euro l’anno, valore stimato al consumo) che cresce esponenzialmente aggiungendo altri vitigni DOC coltivati quasi totalmente in pianura e lavorati  interamente a macchina per raggiungere volumi molto elevati e costi di produzione contenuti.

Nella lettera inviata alla Diocesi il vescovo Corrado ricorda il valore della responsabilità sociale per le aziende agricole. “Sentiamo, infatti, forte nel nostro territorio il richiamo al rispetto dell’ambiente e della salute delle persone, spesso minacciati dall’abuso dei cosiddetti “pesticidi”. Come pure sento urgente richiamare l’attenzione sul tema della preservazione della biodiversità, in un’area in cui la monocoltura (che rischia di diventare “monocultura”, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali.” Un richiamo forte per una terra che negli scorsi decenni ha visto sbancare colline e strappare terreni al bosco.  Il vescovo ricorda poi l’uso massiccio dei fitofarmaci di sintesi e chiede di prendere in considerazione l’ancora troppo maggioritario impiego di combustibili fossili. Con sapienza, fa presente che sarebbe ingiusto chiedere soltanto agli agricoltori sforzi di rinnovamento “senza che ciascuno di noi si senta personalmente interpellato a un cambiamento radicale negli stili di vita: ad esempio preferendo l’uso della bicicletta a quello dell’auto, favorendo l’uso di energie rinnovabili, esprimendo il proprio concreto impegno verso forme di economia circolare per un minore spreco di risorse, vivendo con maggiore sobrietà per una riduzione generale dei consumi.”

E ad una terra che recentemente ha ottenuto il riconoscimento UNESCO come “Patrimonio dell’Umanità” il vescovo sottolinea che ad essere problematico non è solo l’inquinamento ambientale e parla della necessità di riconoscere “l’inquinamento del cuore”, la radice vera di ogni disagio sociale. “Mi preoccupano quindi, nella stessa misura, anche le crescenti forme di ingiustizia sociale, spesso sottaciute, dissimulate o talvolta perfino giustificate: dalle espressioni del caporalato presente anche nelle nostre terre, al lavoro “a nero” in cui spesso sono sfruttati gli immigrati che cercano qui da noi la possibilità di un futuro diverso, alle speculazioni o alle frodi che falsificano la genuinità dei prodotti soltanto in nome di un guadagno più elevato, ma senza tutele per la qualità dei prodotti e, soprattutto, per la salute degli operatori e dei consumatori. Non possiamo arrenderci alla logica dell’ingiustizia per paura, per rassegnazione o per indifferenza! Essere cristiani ci chiede oggi di saper risvegliare la nostra coscienza per essere, a nostra volta e attraverso la nostra testimonianza, coscienza critica dentro la società in cui viviamo. 

Il vescovo di Vittorio Veneto sa che occorre lavorare per favorire il dialogo e che saper risvegliare le coscienze “non significa però fare moderne “crociate” che rischiano di diventare ideologiche. La realtà è sempre complessa e non può essere ridotta ad alcuni aspetti a scapito di altri.”

Insomma, serve più confronto, serve più politica, servono più cristiani che stanno dentro con intelligenza le sfide del mondo. Anche del piccolo mondo di Vittorio Veneto.  La costruzione della mediazione è il modo politico di mettere in pratica la necessaria coerenza con i valori cristiani. Non bastano gli slogan né bastano le buone intenzioni. Come non basta limitarsi a proclamare valori e istituzioni come se magicamente si potessero affermare. Occorre, piuttosto, sostanziarli, sotto il segno della competenza e della laicità. A Vittorio Veneto stanno cercando di farlo, anche se un po’ di insulti, via social, sono arrivati. Sarebbe bello – da cristiani –  cominciare a farlo un po’ di più dappertutto.

 

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