Gesù, l’emigrante. E noi
[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]
La famiglia di Gesù “fugge” in Egitto. Nelle settimane scorse diversi giornali di destra hanno lanciato attacchi feroci ai vescovi italiani, colpevoli di aiutare associazioni che lavorano a favore degli emigranti
Come sappiamo, solo gli evangelisti Matteo e Luca raccontano la nascita e l’infanzia di Gesù. Pochi versetti (in pratica, due capitoletti per ciascuno), tesi più ad offrire un’interpretazione teologica piuttosto che una documentazione storica dei fatti realmente accaduti. Matteo, in particolare, rompe la bucolica immagine che custodiamo del Natale. Scrive pagine attraversate da fatiche e sofferenze: Gesù nasce in una casa-grotta, è deposto non in una culla ma in una mangiatoia (e ciò ha permesso agli apocrifi di sbizzarrirsi sugli animali), vive il terrore di Erode e per questo Giuseppe e Maria sono costretti ad andare in Egitto, terra straniera, per non finire così sotto la spada che ammazza i neonati di Betlemme e rimanervi fino alla morte del tiranno. Come scrive Ravasi,
già l’ombra della croce si proietta, dunque, sui primi giorni della sua vita ed è significativo che la scuola artistica russa di Novgorod nelle icone della Natività di Cristo, a partire dal XV secolo, abbia raffigurato il Bambino avvolto in fasce funerarie e deposto in una culla a forma di sepolcro.”
Le polemiche recenti sugli emigranti
Dunque il Dio dei cristiani, che prende carne nella storia di Gesù di Nazareth, vive l’esperienza dell’emigrazione forzata. Una fuga di disperazione e di coraggio, nello stesso tempo. Partirono, dice il testo di Matteo, “di notte”, per non essere fermati. Più o meno come succede a tanti migranti o profughi oggi.
Nelle scorse settimane abbiamo assistito ad una difesa ad oltranza del presepe e del Natale da parte di chi ci governa. L’occasione è stata la presentazione di una proposta di legge di Lavinia Mennuni, parlamentare di Fratelli d’Italia, che “vieta di vietare”, nelle scuole pubbliche, l’allestimento del presepe, così come ogni altra esibizione di “simboli religiosi, storici e culturali, i quali sono espressione valoriale della tradizione identitaria del popolo italiano”. Per chi – dirigenti scolastici o collegi docenti –si opporrà si avvierebbe, nel caso il Decreto Legge venisse approvato, “un procedimento disciplinare secondo le norme”. Va chiarito una cosa (non sempre evidente nei giornali non di destra): il testo non rende “obbligatorio” il presepe ma esclude in modo netto che se ne vieti la realizzazione, là dove essa venga richiesta da genitori e da studenti.
La polemica dei giornali di destra verso i vescovi. Il governo Meloni. Gli scopi, quelli dichiarati e quelli taciuti, della polemica
Proprio negli stessi giorni, i giornali di destra (Panorama e La Verità prima, Il Giornale e Libero dopo) hanno avviato una feroce polemica nei confronti della CEI e di alcune Diocesi che hanno dato contributi economici a Mediterranea Saving Humans, una ONG di cui fa parte anche Luca Casarini, leader dei Disobbedienti e delle tute bianche al tempo del G8 di Genova e che, su invito speciale di papa Francesco, ha partecipato, senza diritto di voto, al Sinodo svoltosi ad ottobre. L’accusa diffamante (e subito rigettata con forza da un comunicato della CEI) oltre al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina riguarda la poca chiarezza dei finanziamenti provenienti dal mondo cattolico a Mediterranea.
Mediterranea è presente sia sulle rotte migratorie terrestri (in Bosnia per aiutare le persone migranti lungo la Rotta balcanica, in Ucraina per portare aiuto e supporto sanitario alla popolazione colpita dalla guerra) sia con una nave rimorchiatore che naviga nel mar Mediterraneo (uno dei più grandi cimiteri al mondo), tra la Libia e il Canale di Sicilia per monitorare la zona e soccorrere le persone in difficoltà. In realtà, come scrive con la solita lucidità Giuseppe Savagnone, “questo furioso attacco alla Chiesa mira a screditarla agli occhi dei fedeli, gettando dei dubbi sulla destinazione delle loro offerte. L’obiettivo evidente è di costringerla a mutare la propria linea nei confronti dei migranti, che è in aperto contrasto con quella ostile e difensiva a cui il nostro governo ispira, da quando è in carica, la sua politica. Da qui le leggi volte ad ostacolare l’attività di soccorso delle navi delle ONG e scoraggiare così le partenze, lasciando annegare i naufraghi. Da qui gli accordi con governi non democratici per trattenere i migranti in campi di concentramento sulle coste dell’Africa. Da qui il progetto di spedire quelli che arrivano in un campo di detenzione in Albania.”
Il Vangelo parla chiaro
Eppure, proprio su questo punto – l’accoglienza degli stranieri – il Vangelo è chiaro, non tentenna e non lascia dubbi di sorta. Non corre il rischio di equivoci. Ricordate il giudizio universale narrato ancora da Matteo (25,31-46):
Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato (…)”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato (…)”? Rispondendo, il re dirà loro: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”». Agli altri, che senza giri diparole chiama «maledetti», dice fra l’altro: «Ero forestiero e non mi avete ospitato». «Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero (…) e non ti abbiamo assistito?”. Ma egli risponderà: “In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”.
Non tanto nell’esibizione ostentata di simboli cristiani, nella formulazione di decreti che, a parole, paiono difendere l’identità cristiana ma nei fatti poi la negano. Certo, lo sappiamo, stare nella città di tutti cercando il bene comune obbliga il credente a tradurre laicamente la propria ispirazione.
Insomma, ancora una volta la fedeltà al Vangelo la si misura nella concreta custodia dell’umano. E la soluzione a problemi complessi – quale è l’immigrazione – esige dialogo e confronto continui. Ma quale programma cristianamente ispirato può nutrirsi del disprezzo e della condanna, seppure rivestito dalla pretesa di “difendere i valori” e di riproporre, formalmente visto che mancano i contenuti e le traduzioni, “l’identità cattolica”?
Tutto questo ha portato ad abbassare, in modo continuo e inesorabile, la soglia dell’indignazione nei confronti di temi e slogan che rischiano di negare dignità alle persone e il consolidarsi di logiche, assunte come “normali”, che sono lontane da Vangelo. Alla fine, ha perso la città e anche il Vangelo. Certo, e questa è la vera tragedia, perdono ogni giorno i disperati che – partiti di notte – sperano di trovare sulle rive di ciò che un tempo veniva chiamata terra cristiana rifugio e accoglienza.