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Dove sta la tua sintesi, lì sta il tuo cuore. A proposito delle omelie

Dove sta la tua sintesi, lì sta il tuo cuore. A proposito delle omelie

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Papa Francesco è tornato sul tema delle omelie. Importanti e troppo spesso deludenti

Tu, rimorso

Tu, rimorso di ogni pensiero:
non sangue, ma fuoco nel sangue,
zolfo in fiamma
a fondere ogni coscienza.

Le cose che abbiamo inventate!
Una religione
mille religioni,
e templi,
e santuari,
a miriadi!

E questo infinito oceano
di parole, un oceano
di vocalizzi,
e gorgoglii:

Dio ucciso
dalle nostre mestissime omelie.

“Quelle prediche in cui si parla di tutto e di niente”

Questa splendida poesia di padre David Maria Turoldo mi è tornata alla mente mentre leggevo le parole di papa Francesco  pronunciate recentemente ai vescovi e ai preti siciliani in udienza in Vaticano.

Quelle prediche in cui si parla di tutto e di niente. Tenete conto che dopo otto minuti l’attenzione cala, e la gente vuole sostanza. Un pensiero, un sentimento e un’immagine, e quello se lo porta per tutta la settimana. Ma come celebrano? Io non vado a Messa lì, ma ho visto delle fotografie. Parlo chiaro. Ma carissimi, ancora i merletti, le bonete…, ma dove siamo? Sessant’anni dopo il Concilio!

Non è la prima volta che Bergoglio si sofferma sul valore e la cura che i preti devono avere nella preparazione dell’omelia domenica. Nell’Evangelii Gaudium al tema dedica una lunga parte del terzo capitolo: diciotto pagine in tutto, 24 paragrafi, dal 135 al 159. “Mi soffermerò particolarmente, e persino con una certa meticolosità, sull’omelia e la sua preparazione, perché molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie”.

E più avanti:

L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un pastore con il suo popolo. Di fatto, sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così. L’omelia può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita.

L’omelia deve saper dire “parole che fanno ardere i cuori”

Per questo l’omelia, «deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione», deve saper dire «parole che fanno ardere i cuori», rifuggendo da una «predicazione puramente moralista o indottrinante». Francesco sottolinea inoltre l’importanza della preparazione del sacerdote: «Un predicatore che non si prepara non è “spirituale”, è disonesto ed irresponsabile verso i doni che ha ricevuto». Una buona omelia deve «contenere un’idea, un sentimento, un’immagine». La predicazione deve essere positiva perché offra «sempre speranza» e non lasci «prigionieri della negatività». L’annuncio stesso del Vangelo deve avere caratteristiche positive: “Vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna».
Chi predica, annota ancora papa Bergogliodeve trasmettere «la sintesi del messaggio evangelico”, non “idee o valori slegati. Dove sta la tua sintesi, lì sta il tuo cuore.”

Le sintesi non devono essere sempre felici se durante il viaggio papale in Slovacchia durante l’incontro con vescovi, sacerdoti e religiosi, accennando alla fatica di certe omelie e vedendo le suore applaudire, papa Francesco ci ha subito scherzato: “L’applauso l’hanno incominciato le suore, che sono vittime delle nostre omelie!”.

Nel febbraio 2018, durante un’udienza generale, papa Francescofu altrettanto chiaro ribadendo di nuovo che: «L’omelia deve essere ben preparata e deve essere breve» e raccontò a braccio un aneddoto: “mi diceva un sacerdote che una volta che era andato in un’altra città dove abitavano i genitori, il papà gli aveva detto: “Tu sai, io sono contento perché con i miei amici abbiamo trovato una chiesa dove si fa una Messa senza omelia“».

Pure Joseph Ratzinger, da cardinale, durante una cena a Bassano del Grappa, agli inizi degli anni Novanta, ebbe a dire a Vittorio Messori che per lui “una conferma della divinità della fede viene dal fatto che sopravvive a qualche milione di omelie ogni domenica”.

Sarebbe il caso di ricordarlo più spesso.

 

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