Domenica 9 maggio
SESTA DOMENICA DI PASQUA
(Gv 15, 9-17)
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
COMMENTO DI DON BIAGIO FERRARI
L’inizio del brano di Vangelo di questa domenica contiene l’invito più dolce che possiamo ascoltare: “rimanete nel mio amore”. I due discepoli di Emmaus e se ne sono ricordati e durante la cena, si rivolgono così a Gesù: “Rimani con noi perché si fa sera”. Bello questo incontro di desideri, di due volontà. È circolazione di amore; è legame perché l’amore unisce, fa essere una cosa sola.
E questo è il suo testamento, un comando riassuntivo di tutta la legge. Comandamento nuovo, ultimo perché non ce ne sarà un altro. L’amore che Gesù ci chiede non è un amore generico, universale. Ci chiede un amore concreto: non si ama l’umanità, si ama una persona precisa.
Don Milani ha lasciato scritto che non c’è l’amore universale. Esiste l’amore per la persona. I cristiani non sono innamorati dell’amore, sono innamorati delle persone concrete; si amano le persone una per una, volto per volto. Come ci ha insegnato Papa Francesco quando è andato all’isola di Lesbo.
Gesù ha amato il giovane ricco; ha chiesto a Pietro di amarlo; ha amato Maria di Magdala; ha cercato la pecora smarrita. Gesù ci ha chiesto di amarci gli uni gli altri donandoci infiniti oggetti di amore: gli altri, cioé tutte e tutti.
Guai se fosse un aggettivo a qualificare chi merita il nostro amore: giusti o ingiusti; ricchi o poveri; vicini o lontani; donna o uomo. Persino Caino con i suoi seguaci. Perché l’altro mi riguarda, mi sta a cuore (I care di Don Milani). L’altro appartiene alle mie cure; è scritto nei miei pensieri. Mi sta accanto, gli sto accanto.
San Giovanni riassume così questo insegnamento: “se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi e l’amore di Lui è compiuto in noi (1Gv 4,12). E Gesù va ancora oltre nell’insegnamento sull’amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Notate: non ‘quanto’, ma ‘come’. Amare l’altro come lo ama Gesù, cioè accogliendo l’altro così com’è: rendendolo fratello e sorella fino alla morte, prendendosi fedelmente cura di lui/lei; perdonando e rimettendo i peccati, amandolo fino a deporre la vita per lui.
Lo specifico del cristiano non è amare; lo fanno e l’hanno fatto molti e in molti modi sotto tutti i cieli; lo specifico è amare come Gesù, non quanto Lui – impossibile per noi vivere la sua misura – ma come, cioè con lo stile unico di Gesù. Con la rivoluzione della tenerezza, con i capovolgimenti fatti da Lui. Libero e creativo, ha fatto cose che nessuno ha fatto mai: Lui Signore e Maestro ha lavato i piedi ai discepoli e ha chiesto di fare altrettanto, partendo dai più stanchi, dai più piccoli, dagli ultimi. È venuto come racconto inedito della tenerezza del Padre.
Ognuno deve farsi – come Lui – racconto inedito del volto d’amore di Dio, canale non intasato, vena non ostruita, attraverso la quale l’amore come l’acqua che feconda, circoli nel corpo del mondo.