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Domenica 5 dicembre

Domenica 5 dicembre

II domenica del tempo di Avvento

3, 1-6

Dal Vangelo secondo Luca

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

COMMENTO DI DON CRISTIANO RE, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI BERGAMO

Mi piace e mi riempie di bene questo Dio che dà sempre. Anche oggi, per entrare nelle nostre vite di uomini poveri e segnati da limiti e piccolezze, raggira la via dell’ufficialità, della solennità e del potere. Lo stiamo ascoltando in mille modi anche in questo tempo d’attesa. La possiamo sentire sempre, questa sua scelta di entrare e ricominciare dalle nostre bassezze e dai nostri vuoti per ridare e aggiungere vita, laddove questa viene meno. Ecco, anche oggi la liturgia ci chiede di essere pellegrini verso il deserto. Sono gli affascinanti paradossi di Dio: il posto che per eccellenza è il simbolo del silenzio e della solitudine diventa il luogo da cui parte il messaggio di rinnovamento.

Sento, dopo i mesi passati vissuti nel deserto e quelli che stiamo vivendo nella schizofrenia di una ripartenza spesso non governata da discernimento, sapienza di vita e centralità dell’essenziale, che il deserto rappresenta una specie di terapia di riabilitazione quando si perdono di vista i punti di riferimento e le cose importanti e bisogna tornare a misurarsi con ciò che conta davvero. Lo capiamo tutti bene che non è scontata la scelta del deserto; che spesso è molto faticosa e non si ha proprio voglia di confrontarsi con le domande grosse, con il male che ci portiamo dentro, con gli smarrimenti che ci lasciano persi a guardare l’orizzonte senza sapere da che parte andare, davanti a questioni che ci appaiono come montagne di fatiche insuperabili. È più facile occupare il tempo a fare altro, riempirsi il tempo senza lasciare spazi che ci facciano vedere ciò di cui c’è davvero bisogno. Ecco, è dentro a queste storie di “sabbia disumana” che Dio mette uomini e donne che sanno dischiudere nuovi orizzonti di senso. Ed è attraverso di essi che Dio parla e si rivolge a chi ha scelto di non appesantire il suo cuore con cose inutili, a chi, pur abitando nelle zone più aride e infruttuose della terra, non ha perso il desiderio di cose vere.

Riempie il cuore di speranza ascoltare questo Vangelo. Mentre tutto fa pensare che le cose alla fine non cambieranno mai perché anche questa volta pare che tutto sia ripartito come prima, quando in maniera rassegnata ci ritroviamo a portare a casa solo smentite e delusioni, Dio non resta a guardare muto quello che capita, ma tesse una nuova trama, quella che sa intravedere e riconoscere chi non ha paura di abbandonare le risposte vecchie e ammuffite dei palazzi e dei sistemi che vogliono proteggere la propria esistenza e sussistenza, per andare là dove c’è chi sa dire il sempre nuovo messaggio di Dio che plasma ancora di bene la vita degli uomini.

 

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