Domenica 4 giugno 2023
SANTISSIMA TRINITA’
Gv 3,16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
COMMENTO DI DON ALFREDO SCARATTI, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI BRESCIA
Credere in Dio è arduo.
Credere in Dio, nella sua alterità, nella sua santità, è difficile.
Credere in Dio, nel suo mistero di unità e trinità è esperienza insondabile.
Credere in Dio in un mondo che pensa di servire lo spirito del vitello d’oro, ammantato di violenza, di dominio, di profitto ha il sapore dell’eccedente, se non addirittura del superfluo.
Ma Credere in Dio è ancora necessario, se guardiamo a Dio come colui che si fa prossimo a noi, che entra in relazione con noi, che dialoga con noi, come Gesù con Nicodemo, perché Dio stesso è comunione di persone, così unite in reciproca relazione di amore da essere un cuore solo, un’anima sola.
Credere in Dio è vitale:
se guardiamo a Dio che ci ama in maniera sconsiderata: Dio è amore esagerato, eccedente, eccessivo;
Se guardiamo al Dio del vangelo che ci è presentato come un Padre che ama l’umanità al punto di sbilanciarsi, a tal punto da donare quanto ha di più caro e prezioso: il Figlio, l’Unigenito.
L’Amore del Padre si è fatto carne in Gesù, perché chiunque decida di lasciar andare rabbia e paura, rancore e sensi di colpa possa percepire l’Amore e non muoia, ma abbia vita eterna.
Credere in Dio è vitale se guardiamo a questo Dio che agisce per la nostra salvezza come
Padre Creatore, come Figlio Salvatore, come Spirito Consolatore e Difensore.
Credere in Dio è vitale se guardiamo a questo Dio come relazione piena e perfetta di amore che non smetterà mai di amarci con tutta la tenerezza possibile e non sarà mai nostro nemico, mai animato dal desiderio di farci paura.
Credere in Dio è vitale se guardiamo a questo Dio, Trinità di amore, come criterio per amare gli altri, come regola per vivere nella pace: “Vivete nella pace e il Dio della pace sarà fra di voi” (2 Cor. 13)
Credere in Dio è vitale se guardiamo a questo Dio come la sorgente della pace e della gioia, della bontà e dell’amore.
Chi non crede a questo amore «è già stato condannato»: dal proprio orgoglio, dalle proprie certezze, dottrine, paure, vanità. È già condannato a rimanere inchiodato alle proprie debolezze velate da presunzioni, senza potersene liberare. Si autoesclude dall’amore, dalla relazione, dalle relazioni.
La nostra condanna, la nostra vera perdizione: è credere più alle nostre paure che a un amore così forte da poterci salvare da noi stessi.
Solo l’amore ci mette in relazione con l’altro e ci fa scoprire fratelli e non estranei.
Solo l’amore ci comunica il «bacio santo» (2Cor 13,12), il calore e la forza di un Dio che ci ha
creati per renderci, a sua immagine e somiglianza, capaci e bisognosi di accogliere e di accoglierci.