Domenica 3 dicembre 2023
I domenica di Avvento
Mc 13, 33-37
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
COMMENTO AL VANGELO DI DON MATTEO CELLA
Ora non ti muovere.
C’è un viaggio importante. Sta per succedere e sarà un momento di svolta. Ma stavolta non sei tua a dover partire. Questa volta non devi vestire i panni di Ulisse: non è il momento di entrare in un ruolo eroico ed entusiasmante, non sono le virtù di chi deve affrontare incredibili avventure quelle che ti sono chieste per questo tempo. Piuttosto immedesimati in Penelope: ammira la sua costanza, la meticolosità con la quale tesse la sua tela per poi disfarla di nascosto, la determinazione che le permette di ricominciare a far incrociare i fili sapendo che il vero risultato di quel lavoro sarà l’incontro con colui che manca da casa ma senza il quale la vita resta vuota. Pensa alle sue giornate incastrate tra la presenza invadente di chi con violenza vuole far prevalere la logica del dominio e dell’interesse e l’assenza dell’amato che non scivola mai in disperazione. Immagina di ripetere con lei i gesti del lavoro quotidiano sapendo che da soli serviranno a poco se non accade l’incontro con qualcuno, lui sì, che è in movimento, desideroso di raggiungerti.
La Bibbia è piena di spostamenti: i grandi protagonisti delle sue tante storie sono quasi sempre in viaggio o per vocazione, o per costrizione oppure per opportunità. Sono una meravigliosa sintesi dell’umanità in perenne ricerca di una condizione buona nella quale abitare, di una terra che meriti la definizione di “promessa” ovvero capace di rispecchiare il sogno di Dio. Ma il cammino di Abramo come quello di Mosè e di tutti gli altri inizia sempre con un movimento interiore. Ed è sempre costretto a fare i conti con la precarietà delle conquiste ottenute. Le loro storie si confrontano con l’esperienza del limite, con il rischio del tradimento o dell’incomprensione, con la sensazione che la soddisfazione piena non è concessa nemmeno al più saggio e valoroso tra i viaggiatori.
Ecco perché stavolta non sono gli uomini a doversi spostare, non noi – credenti che ricominciano un anno liturgico con la prima domenica di avvento – a dover rinnovare buoni propositi e impegni onerosi per arrivare a Natale “migliori” o “pronti”. Il viaggio lo intraprende Dio stesso e chiede esplicitamente a noi di stare fermi là dove ci troviamo. L’iperattivismo che ci contraddistingue e il bisogno di conquistare il mondo per renderlo più giusto in questo tempo vanno sedati. La storia rimane, almeno per un istante, lì sullo sfondo perché il primo grande esercizio di conversione da compiere è imparare ad aprire gli occhi. Il secondo è guadagnare una pazienza che non sia passiva sopportazione della realtà. Il terzo momento, il più complesso, è il necessario discernimento. Marco nel suo vangelo raccoglie la memoria di Gesù che si rivolge a quelli che hanno deciso di stare con lui e che sono disorientati da quanto il mondo, la cultura, il potere – anche quello religioso – siano repellenti nei suoi riguardi. Non è l’imponenza delle pietre del tempio di Gerusalemme il modello di stabilità per il discepolo. Ma la costanza del servo che instancabilmente attende l’arrivo del padrone di casa che ha promesso “Ritornerò”.