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Domenica 27 febbraio 2022

Domenica 27 febbraio 2022

VIII domenica del Tempo Ordinario

Lc 6,39-45

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

COMMENTO DI DON ANDREA DEL GIORGIO, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI SONDRIO

Il vangelo di questa settimana propone una serie di immagini relative, in una prima parte, al tema della vista, nella seconda, al rapporto tra ciò che si fa e ciò che si è. Occorre considerare anche il contesto entro cui si trova il brano, che è quello della lettura evangelica di settimana scorsa, centrata sull’amore al nemico e su rifiuto della vendetta e della violenza come annuncio della misericordia di Dio. Infatti, leggendo il discorso integralmente, i riferimenti al maestro e al discepolo e ai vari impedimenti alla “vista” e alle loro conseguenze sembrano rivolti a quei discepoli che tentano di attenuare le esortazioni «amate i vostri nemici»,
«A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra», etc… La vita è questione di sguardo e il discepolo di Gesù deve farsi guidare dal modo di guardare il mondo attraverso la misura della misericordia del Padre. Chi cerca di mettere altri criteri, più ragionevoli, più simmetrici, rischia di sviare i singoli discepoli e le comunità cristiane dalla profezia dell’annuncio dell’amore di Dio per l’essere umano verso un sistema “troppo umano” di regole di buona educazione e bei principi. L’immagine dell’albero e dei frutti e quella del cuore e di ciò che si trae da esso comunicano la necessità di una incisività della fede nella vita e, allo stesso tempo, di un approccio non solo morale al cristianesimo. Infatti i comportamenti non dipendono solo dalla buona volontà del singolo, ma da ciò che la misericordia ci fa diventare. Il fare dipende dall’essere, dal cuore, dal chi ci ha fatto diventare la fede e la consapevolezza che il mistero pasquale ci ha salvato dal peccato e dalla morte. E così l’albero produce frutti di amore ai nemici, di non violenza, di perdono.

 

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