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Domenica 25 aprile

Domenica 25 aprile

Quarta domenica di Pasqua

(Gv 10, 11-18) 
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

COMMENTO DI DON BIAGIO FERRARI

Il primo pensiero che dice questo brano è: ogni persona è importante per Dio. Per Lui pastore vero, non mercenario, le pecore importano. Ed è bello sapere che noi per Dio siamo importanti, contiamo. E non importa il gregge: importa la singola persona.

Sul lago di Generazet, in una notte di tempesta, si è alzato un grido: “Signore, non ti importa che
moriamo?” (Mc 4,38). E Gesù risponde placando le onde, sgridando il vento. E non è l’unica volta in cui Gesù è interessato ad ogni persona, ad ogni creatura. Luca ci dice che a Gesù interessano gli uccelli dell’aria, i gigli della terra, i capelli del capo delle persone. Per Gesù ogni persona è importante. Del resto in un altro testo, Luca ci dice che Gesù è il pastore che lascia il gregge e va in cerca della pecora smarrita, e ritrovatala, fa festa.

In questo tempo, abbiamo celebrato – e stiamo tutt’ora celebrando – la Pasqua e abbiamo contemplato Gesù sulla croce. Lì ci ha difesi, ha difeso la nostra dignità a costo della croce. E gli diciamo: Tu, Gesù, solo tu sei il nostro vero pastore. A uno, che come te, dà la vita, possiamo dare la nostra fiducia. Anche perché nessuno ti ha obbligato, l’hai data da te stesso, l’hai data per amore opponendoti a coloro che volevano e vogliono depredare il gregge. Tu non sei fuggito: ci hai difeso. Il pastore buono e bello mette al centro della fede non quello che noi facciamo per lui, ma quello che Lui fa per noi. La vita cristiana non si fonda sul dovere, ma sul dono. Prima ancora che io dica sì, Lui, il pastore, ha seminato germi vitali, uno scialo di vita che profuma di amore, di libertà e di coraggio.

La Bibbia ci dice che quando Dio agisce fa le cose in grande… Manna non per un giorno, ma per quarant’anni; pane per cinquemila persone; pelle nuova per dieci lebbrosi; pietra rotolata via per Lazzaro; cento fratelli per chi ha lasciato la casa per seguire Gesù; perdono per settanta volte sette; vaso di nardo da trecento denari per profumare i piedi di Gesù; carezze e abbracci per i piccoli; pranzo di nozze per buoni e cattivi, e altro ancora… Dietrich Bonhoeffer ha scritto: “Non ci interessa un Dio che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la pienezza dell’umano, non merita che a Lui ci dedichiamo”. Dio sa di aver immesso nei solchi della storia un seme che tenacemente, implacabilmente spezzerà la crosta arida della nostra e di tutte le epoche per portare profezia di pace e di primavera; spighe di bontà, vendemmia di giustizia.

A noi che ci domandiamo: che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio (Gv 6,28); Gesù risponde: credete!!! Per insegnarci che questa è l’opera di Dio: “credere in colui che Egli ha mandato” (Gv 6,29).

 

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