Domenica 23 ottobre 2022
XXX domenica del Tempo ordinario
Lc 18,9-14
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
COMMENTO DI DON ANDREA DEL GIORGIO, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI SONDRIO
Chi sta al centro della scena?
La parabola del fariseo e del pubblicano ci mostra due tipi di preghiera, che sono anche due
atteggiamenti nel porsi davanti a Dio.
Il fariseo pone sé stesso e le proprie prestazioni spirituali al centro della scena. Sta ritto e cerca di volgere gli occhi di tutti e soprattutto quelli di Dio su di sé: lo spettacolo da ammirare al centro del palcoscenico del tempio è la sua bella anima e le sue buone azioni. Le quali spiccano specialmente nel confronto con la miseria altrui. Dio viene costretto, prima, al ruolo di spettatore delle vicende umane, poi, a quello di giudice che certifica la salvezza raggiunta dalle anime belle e giuste e la condanna degli inadeguati e dei peccatori.
Il pubblicano sceglie invece una posizione defilata, apparentemente chiusa su di sé. E si batte il
petto. Il significato di quel battersi il petto lo troveremo nei racconti della passione, dove ricorre due
volte: la prima quando si dice (Lc 23,27) che una gran moltitudine di folla seguiva Gesù battendosi
il petto e facendo lamenti su di Lui; nella seconda, dopo la morte di Gesù, saranno il centurione
romano come «pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo» che «se ne tornava
battendosi il petto» (Lc 23,48). Il centro della scena e dell’azione è ciò che fa Dio per noi
(innanzitutto il mistero pasquale di Gesù morto e risorto), la salvezza che ci è stata donata. Proprio
la consapevolezza di essere stato salvato, da’ poi la possibilità di rendersi conto della miseria e del
peccato della propria condizione.
Solo guardando a Cristo e alla redenzione si ha il coraggio di gettare lo sguardo su di sé ed
esprimere il proprio bisogno di essere reso giusto. Esattamente come il pubblicano che «si batteva il
petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”»