Domenica 14 novembre
XXXIII domenica del Tempo Ordinario
Mc 13, 24-32
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
COMMENTO DI DON FRANCO TASSONE, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI PAVIA
L’annuncio della venuta gloriosa del Messia, quando guerre, calamità e persecuzioni si faranno dolorosamente presenti nella vita di uomini e donne. Non lasciamoci spaventare dalle parole di Gesù, ma intimorire sì, perché esse rivelano la “verità” di questo mondo che Dio ha creato, voluto e sostenuto, ma che avrà un termine, una fine: come c’è una fine personale, la morte, così ci sarà una fine di questo mondo. Proprio in questa “crisi” cosmica si manifesterà il Figlio dell’uomo, farà la sua venuta in modo glorioso, venendo dai cieli, avendo come trono le nubi, nella luce definitiva che vincerà per sempre le tenebre. Anche questo evento, chi può descriverlo? I cristiani hanno dipinto o rappresentato in mosaici nelle absidi delle chiese il Veniente nella gloria, seduto sull’arcobaleno, giudice di tutto l’universo, cioè colui che tiene insieme tutte le cose; ma nel farlo hanno dovuto ispirarsi alla parusia, all’ingresso glorioso dei re e degli imperatori, rivestendo il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo dei tratti di una gloria umana. In realtà, non sappiamo in che forma contempleremo il Signore veniente; possiamo solo dire che allora lo riconosceremo tutti, anche quelli che durante la loro vita non l’hanno mai amato nel povero, nel malato, nello straniero, nel carcerato, nell’ignudo. Quando questo accadrà? In un giorno che nessuno conosce, eppure è un giorno certo, è una promessa di Dio che si realizzerà. I discepoli di Gesù non devono dunque chiedere “quando?”, ma devono piuttosto chiedersi se loro stessi saranno pronti ad accogliere quell’evento della parusia come salvezza, se saranno capaci di gioire davanti alla venuta del Figlio dell’uomo, se avranno saputo sperare con perseveranza in quell’ora: un’ora che è un segreto, perché neanche l’uomo Gesù la conosceva, e neppure gli angeli, ma solo il Padre. Per questo i credenti imparino a osservare la storia con spirito di discernimento, leggendo i “segni dei tempi”. La venuta del Figlio dell’uomo sarà come l’estate che i contadini sanno prevedere, guardando soprattutto la pianta di fico: quando il fico, per il risalire della linfa, intenerisce i suoi rami e si aprono le gemme rimaste chiuse per tutto l’inverno, allora sta per scoppiare l’estate. La fine della vita ha senso solo se hai un fine che persegui con tutto te stesso, una vita donata che segna la tua maturità. Allora anche i segni di decadimento arrivano come benedizione del vissuto in cui ci spendiamo per gli altri. Condividiamo la responsabilità per non trovarci a franare sugli scranni occupati da troppo tempo senza aver fatto crescere chi può darci una visione più nuova delle realtà che viviamo.