Domenica 12 settembre
XXIV domenica del tempo ordinario
(Mc 8, 27-35)
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
COMMENTO DI DON ALFREDO SCARATTI, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI BRESCIA
“Ma voi, chi dite che io sia?”
Chi è Cristo per me?
Fino a quando ci poniamo questioni su di lui, non comprenderemo nulla! Si comincia a capire qualcosa quando ci lasciamo porre in questione. Discepolo è colui che risponde alla domanda di Gesù: «Chi sono io per te?». La fede non è delegabile. Pietro risponde: «Tu sei il Cristo». Una risposta esatta. Splendida. C’è la perfezione ma manca la vita. Una definizione giusta, ma manca il coinvolgimento, il pianto, la passione, l’amore, il tradimento, il chiedere scusa… Una mentalità che segue un modello vincente. Un Dio debole, sofferente e mortale? Impensabile, assurdo! A Pietro non va proprio giù, per cui cerca di “distogliere” Gesù dal suo intento di andare verso Gerusalemme: lo prende in disparte Gesù, se la prende con Lui, addirittura lo rimprovera. Il Maestro non tace! Di fronte a un discepolo che pretende di essere più illuminato e più importante di lui e dello stesso Padre che lo ha inviato: non solo lo definisce “satana”, “avversario di Dio”, ma lo invita a tornare al suo posto, dietro di lui, da buon seguace. “Vuoi venire dietro di me? Solleva anche tu la tua croce, butta via il tuo modo di pensare su me e su Dio, rinnegando i tuoi pensieri, e vienimi dietro, fino al Calvario”. Quello di Gesù è un modello alternativo ai criteri umani. Noi cerchiamo di vincere con la forza, Gesù vince attraverso la debolezza. Noi cerchiamo di modificare la storia attraverso la violenza, Gesù attraverso l’amore. Noi pensiamo di salvare attraverso l’onnipotenza, Dio attraverso l’impotenza. Noi preferiamo screditare, diffamare chi ci tradisce, Gesù sceglie di chiamarlo amico. Noi volgiamo altrove lo sguardo da chi ci rinnega, Gesù li guarda negli occhi. Noi anteponiamo il sacrificio degli altri al nostro, Gesù versa il proprio sangue. Il Messia non fugge di fronte al dolore dell’umanità ma si abbandona in Dio, come il Servo di Jahvè cantato da Isaia. Dio ha scelto le cose deboli per confondere le cose forti.
Credi tu questo?
O siamo fermi come Pietro alla proclamazione che Gesù è Dio? Il rischio nostro è di restare chiusi nelle formule, senza mai conoscere il Signore. Ma questo è il paradosso del Vangelo: ci chiede di «rinnegare se stessi», di non essere ripiegati su se stessi, sulle proprie cose, sui propri spazi, non occupare noi, con il nostro io delirante, tutto lo spazio. Ci chiede non di «Occupare», ma di «servire», servire con passione e gioia.
«chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà»