Domenica 11 giugno 2023
CORPO E SANGUE DI CRISTO
Gv 6,51-58
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
COMMENTO DI DON ALFREDO SCARATTI, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI BRESCIA
Tutti desideriamo avere la vita buona bella e beata, una vita piena di amore, che non finisce mai.
Vogliamo lunghi giorni felici, li vogliamo per noi e per i nostri cari.
Li vogliamo per noi e per i nostri fratelli, anche i più disperati; per tutti i naufraghi della vita.
Ma dove trovare questi giorni? Come gustarli?
Nelle parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”.
La vita eterna: non è una specie di Tfr, Trattamento di fine rapporto, non è la liquidazione finale accumulata con un buon comportamento.
La vita eterna comincia qui: è una vita diversa, vera, giusta, piena di cose che meritano di non morire.
La troviamo nella vita intera di Gesù, nella sua carne e nel suo sangue, nella sua vicenda umana, nel suo respiro divino, nelle sue mani di carpentiere, nelle sue lacrime, nei suoi abbracci, nella casa che si riempie del profumo di nardo e di amicizia.
La troviamo nella sua carne, inginocchiata davanti ai suoi discepoli per lavare i loro piedi,
e su, fino alla carne inchiodata, fino al sangue versato. Fino al dono di sé, di tutto se stesso.
Come il dono di una madre con un figlio neonato: un dono volontario e necessario, che coinvolge tutta la sua vita: tempo, energie, attenzione, mente e cuore, corpo e sangue, latte e amore.
Tutto molto fisico e al tempo stesso tutto molto spirituale. Tutto molto semplice e comprensibile.
E come una madre, Cristo ci nutre di se stesso e noi impariamo ad avere sulle nostre labbra la dolcezza del suo nome.
Non possiamo fare a meno di Gesù, del suo corpo e del suo sangue. Non possiamo non nutrirci di lui come neonati: moriremmo. Lui ci è necessario. Ci è necessaria la sua parola, che ci insegna a parlare. Ci è necessario il suo amore, che ci insegna a camminare, a rapportarci con gli altri e a leggere il mondo.
Allora mangiare e bere Cristo è prendere la sua umanità, come lievito della vostra:
È entrare nel cuore della vita stessa di Gesù.
È mangiare Amore puro, totale, pieno, inebriante, affascinante.
È masticare la sua Parola che tutto pacifica, che rende semplici di cuore e più umili.
È “plasmare” la nostra dimensione umana su quella del Maestro, prendendo forma a partire da Lui, dalle sue scelte, dal suo modo di relazionarsi alle persone, di generare vita.
È guardare ogni cosa con la sua instancabile tenerezza; prendere le nostre mani e imparare a rialzare chi è caduto, ad accogliere chi ha sbagliato, a risollevare chi è escluso.
È farci ‘carne’ per gli altri, è farci pane di giustizia, di liberazione, di speranza.
È un gesto che non si esaurisce nella Messa, ma inizia con il primo respiro del giorno, continua con il Vangelo che abita pensieri e parole e che rende spazioso il cuore per ricevere e dare amore.