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Domenica 10 dicembre 2023

Domenica 10 dicembre 2023

II domenica di Avvento

Mc 1, 1-8
Dal Vangelo secondo Marco


Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

COMMENTO AL VANGELO DI DON MATTEO CELLA

Una via tra le spine.

Sono le strade a fare grandi le nazioni, le società e gli imperi. Sempre le strade rendono possibile che economia e cultura crescano e si consolidino. Soprattutto le strade accompagnano l’affermarsi di scenari di pace. Non a caso in tempi e luoghi di guerra le strade vengono immediatamente chiuse, controllate o interrotte. E non a caso, in tempi di pace, si progettano itinerari che facilitino l’incontro, il libero scambio, la contaminazione reciproca, la scoperta del territorio che appartiene ad altri ormai non più estranei o nemici. Lo sapeva bene un grande viaggiatore come Marco Polo: partito per l’oriente come mercante, è tornato a casa nella sua Venezia riconoscendosi il ruolo di ponte tra due culture. Ha lasciato in eredità al suo tempo e al suo mondo una via di comunicazione che portava in sé la promessa di un’amicizia inedita e duratura oltre che molto fruttuosa. Per quell’epoca lontana da noi, la Via della Seta era espressione di pace e prosperità: ciò che l’umanità sogna da sempre ma che raramente riesce a ottenere e conservare.

Con una strada in costruzione inizia anche il Vangelo di Marco. Il cantiere non è di quelli faraonici con mezzi mastodontici all’opera su una grande area da urbanizzare; sembra piuttosto la manutenzione di un sentiero di montagna. Al lavoro un solo operaio, Giovanni. La sua presenza, la sua parola e la sua opera sono un annuncio, un segno, forse un monito: “Qualcuno ti viene incontro, ti vuole raggiungere, sta cercando una via percorribile per arrivare fino a te”. L’uomo desidera realizzare le grandi infrastrutture del progresso e del successo: progetta, immagina, racconta, si affatica ma spesso spreca tempo e consuma suolo e poi si rassegna nel vedere che i suoi percorsi si interrompono senza nemmeno sfiorare la meta. Giovanni sa che Dio non desiste e sposta sassi ingombranti per creare un tracciato sul quale lui appoggerà i piedi. Così, investito del ruolo di profeta, è disposto a smuovere persino la sabbia del deserto pur di assecondare la volontà di chi vuole che la storia degli uomini e tutto nel mondo trovi pienezza. Le piazze della parzialità, dissestate dalle ambiguità dei sentimenti e dall’incoerenza delle azioni sono ora attraversate da un percorso che interrompe l’abitudinarietà e restituisce la meraviglia per ciò che è davvero straordinario: la possibilità di non essere estranei a Dio.

Quella preparata da Giovanni non è esattamente una via della seta: passa attraverso le spine dei sensi di colpa e i rovi di tutto ciò che mette l’uomo in imbarazzo. È un tracciato con pochi punti panoramici e spesso impervio: lo si percorre avendo in dotazione solo l’essenziale cioè la sincerità. Gesù, quello che “viene dopo di me”, si sposta sempre su questo tracciato. Si avvicina all’umanità perché a trovare il giusto compimento sia il cantiere di ogni vita e quello della storia intera. Il Dio che si mette in viaggio incontro all’uomo imbalsamato nelle sue paure e nei suoi limiti consente che ripartano i lavori di manutenzione dei cuori affinché non rimangano esistenze incompiute.

 

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