COLTIVARE LA CITTA’ PER RISCOPRIRE IL RAPPORTO CON L’AMBIENTE – ARTICOLO DI GIOVANNI GARUTI
Con la speranza che finalmente l’Esposizione universale, nonostante le continue disavventure incontrate sul suo percorso accidentato da ritardi burocratici e inchieste giudiziarie, riesca finalmente ad approdare a Milano nel 2015, stanno intanto crescendo molte iniziative locali, ispirate alla riscoperta dell’ambiente naturale spesso soffocato da inquinamenti e cementificazioni che intaccano la salute dei cittadini e minacciano il benessere e la coesione sociale.
Dentro la città e nelle periferie che si sono espanse a macchia d’olio erodendo aree agricole e spazi verdi, si sente il bisogno di una inversione di tendenza per valorizzare e riqualificare le aree industriali dismesse, il sistema delle cascine e delle coltivazioni tradizionali dell’hinterland urbano e metropolitano, con gli orti di prossimità e le produzioni specializzate dei settori agroalimentari.
L’accordo del Comune di Milano con L’Associazione orticola di Lombardia, siglato in occasione dell’annuale Mostra mercato di fiori e piante ai Giardini pubblici, con oltre un centinaio di espositori e una folla articolata di compratori e di appassionati, prevede la manutenzione degli spazi pubblici esistente e lo sviluppo di nuove aree verdi urbane nella prospettiva della Città metropolitana.
Stanno circolando le idee e le sperimentazioni dei cortili aperti e comunicanti, dei balconi e dei terrazzi fioriti, dei boschi verticali, degli orti nelle zone periferiche da assegnare ad apprendisti agricoltori, in un intreccio di informazioni e di contaminazioni che sensibilizzano i cittadini e le famiglie sul benefico rapporto con la natura e con il mondo della botanica.
Fra le varie iniziative di Orticola, nata nel 1865, c’è la diffusione della conoscenza della varietà degli arbusti e del paesaggio vegetale spontaneo, l’approfondimento delle tecniche del giardinaggio e della floricultura, la realizzazione di aiuole e di giardinetti fioriti nei quartieri popolari, la realizzazione degli orti nelle strutture scolastiche.
Se l’obiettivo è di “nutrire il pianeta”, la promozione del dialogo con l’ambiente naturale che ci circonda, diventa determinante per l’educazione ad una sana e corretta alimentazione come prevenzione per la tutela della salute e degli stili di vita della popolazione e per la riduzione degli sprechi della filiera agricola, con la difesa della biodiversità e della genuinità, della sostenibilità e della sicurezza, del consumo consapevole.
I mercati diretti dei produttori agricoli e i gruppi di acquisto solidale, valorizzano le buone pratiche e contagiano l’opinione pubblica, favorendo i distretti rurali, fra tradizione e innovazione, dal Parco sud ai Navigli, con la riscoperta della rete delle cascine ai confini della metropoli e delle aziende familiari, per nutrire la comunità cittadina che sta cambiando a contatto con l’approdo dei popoli migranti che sono portatori delle culture e delle tradizioni alimentari di altri Continenti.
Il Festival del cinema africano, d’Asia e dell’America latina, ha dedicato quest’anno una sezione alle tematiche dell’Expo, con una selezione di film sulle sfide dell’alimentazione e della sostenibilità, sul diritto al cibo, sulla sicurezza e sulla sovranità alimentare, sull’agricoltura sostenibile e su sistemi produttivi alternativi, con proiezioni, incontri con i registi e gli interpreti, degustazioni e workshop, spaziando dall’Ecuador al Giappone, dalla Tailandia all’India, dalla Guadalupa al Senegal, dal Brasile a Taiwan, dal Kenia all’Iran.
C’è il pane tradizionale preparato nei villaggi con macine di pietra in forni costruiti a mano con perizia e pazienza, accanto ad un panificio moderno che sforna pagnotte per la distribuzione urbana; i contadini indigeni raccolgono il cacao destinato ai produttori di cioccolato pregiato ed equo; si coltivano ortaggi nei fazzoletti di terra negli spazi abbandonati delle città; si lotta contro la svendita dei terreni e per la sovranità alimentare; c’è la marcia e la resistenza passiva degli agricoltori senza terra per il diritto al lavoro e al cibo.
Ci sono i canti e i balli per la semina e la raccolta del riso, che viene poi cucinato e offerto nei templi, ma anche le contestazioni contro le autorità per le importazioni dall’estero che impoveriscono i produttori locali; si vive in attesa della pioggia e della crescita dei germogli nei campi inariditi a causa dei cambiamenti climatici.
E’ un mondo che ci entra in casa con la magia delle immagini e dei suoni, per farci aprire lo sguardo sulla fatica di vivere e sulla volontà di lottare per uscire dalla spirale della miseria e del sottosviluppo con la solidarietà e la cooperazione intercontinentale, per evitare che la globalizzazione costringa alle migrazioni di massa che già stiamo vivendo nel Mediterraneo verso l’Europa.
La mappa delle cascine del distretto agricolo milanese per far conoscere le produzioni locali, dal riso al mais, dal latte alla carne, dagli ortaggi ai fiori, fra abbazie, mulini, marcite e fontanili, si integra con l’iniziativa di Milano social food per coinvolgere le persone in difficoltà in un clima di convivialità e condivisione con un intreccio di bisogni e culture.
Se l’attesa dell’Expo sta alimentando molte speranze fra i cittadini e le comunità immigrate, per una Esposizione universale aperta alla urgenza di “sfamare il mondo” con uno sviluppo compatibile e nel rispetto della natura, si devono superare tutti gli ostacoli che quotidianamente si incontrano nel cammino di avvicinamento all’appuntamento mondiale per “nutrire il pianeta e fornire energia per la vita”, in sintonia con gli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite.
Giovanni Garuti