Accordi di Dayton, storia e conseguenze della pace imperfetta
Articolo di Silvio Ziliotto – componente presidenza Acli Milano e Monza-Brianza APS con delega alla legalità, relazioni internazionali e pace – ripreso da INTERRIS.IT a cura di Christian Cabello.
La Jugoslavia era una federazione multietnica in cui, la maggioranza relativa, era in mano alla compagine serba. Dopo l’indipendenza della Slovenia, avvenuta nel 1991, diverse tensioni sono divampate in Croazia e in Bosnia, ove convivevano tre diverse etnie.
Il conflitto
La guerra in quell’area è ufficialmente scoppiata nell’aprile 1992 quando, la Bosnia, ha proclamato la sua indipendenza e, di conseguenza, i serbi presenti sul territorio, si sono organizzati all’interno di un nuovo esercito guidato dal generale Radko Mladic, contrapponendosi al primo esercito bosniaco indipendente. Tale conflitto, è stato uno dei più cruenti dell’epoca contemporanea, con il drammatico assedio di Sarajevo e il massacro di Srebrenica, i quali hanno causato la morte di molti civili innocenti, culminato con l’intervento della Nato e i successivi accordi di Dayton, siglati il 21 novembre 1995. Interris.it, in merito al significato storico di questi accordi, ha intervistato Silvio Ziliotto, curatore insieme a Luca Leone, del libro intitolato “Dayton, 1995 – La fine della guerra in Bosnia Erzegovina, l’inizio del nuovo caos”.
L’intervista
Ziliotto, quali erano i tratti salienti degli Accordi di Dayton?
“Gli Accordi di Dayton sono stati stipulati il 21 novembre 1995 nella base americana di Wright-Patterson, in Ohio. I firmatari sono stati Slobodan Milošević, presidente della Serbia, Franjo Tuđman, presidente della Croazia e Alija Izetbegović, presidente della Bosnia Erzegovina. Tali accordi sono stati mediati da Richard Holbrooke e dall’inviato speciale dell’Ue, Carl Bildt. In particolare, lo stesso, prevedeva la creazione di due entità interne allo Stato di Bosnia Erzegovina, ovvero la Federazione croato-musulmana, che detiene il 51% del territorio bosniaco e Repubblica Srpska con il 49%. Oltre a ciò, i profughi, potevano tornare ai loro paesi d’origine, ma ciò non è stato semplice. È stata poi data forma alla Costituzione della Bosnia – Erzegovina, la quale creava due entità create sono dotate di poteri autonomi in vasti settori. Ciò ha interrotto il conflitto sanguinoso e devastante ma, al contempo, veniva sancita la divisione etnica che è rimasta tutt’ora”.
Come si sta connotando, ad oggi, la situazione in quell’area?
“Al momento, purtroppo, la situazione della Bosnia – Erzegovina, è stanziale e non si profila nessun cambiamento all’orizzonte. L’entrata del Paese nell’Ue potrebbe dare una svolta ma, attualmente, non c’è una vera e propria intenzione in questo senso. Ad oggi quindi, gli Accordi di Dayton, sono un punto fermo ma non c’è stata un’evoluzione, essendo ancora la Bosnia prigioniera dei partiti politici nazionalisti, i quali cercano di tenere in scacco la popolazione attraverso la divisione etnica. Voglio ricordare che, in passato, per la convivenza pacifica di quattro grandi fedi religiose, Sarajevo era conosciuta come ‘la Gerusalemme d’Europa’ ma, in questo momento, le religioni, non sempre sono foriere di progresso, integrazione e dialogo ecumenico.”
Oggi, a quasi trent’anni di distanza, in un mondo fortemente segnato dall’emergere di nuovi conflitti, che lezione possiamo trarre da Dayton?
“Negli anni in cui sono stati sottoscritti gli Accordi di Dayton ero un giovane volontario nei compi profughi della Slovenia attraverso il progetto “Un sorriso per la Bosnia” e, in quel periodo, li ho visti come un grande momento storico che permetteva la fine del conflitto e il ritorno a casa delle persone a cui volevo bene. Allo stesso tempo però, a posteriori, mi ha lasciato dei retaggi di delusione perché, quella guerra, sarebbe potuta finire prima. Vedo però, con rammarico che, la lezione, soprattutto guardando al conflitto tra Russia e Ucraina, non è stata ascoltata. Più di mille giorni di guerra sono trascorsi e non si è ancora trovato il coraggio di fare la pace. I potenti della terra, purtroppo, non hanno appreso l’insegnamento di Dayton, l’importanza del dialogo reciproco e di non fomentare la guerra. Mi inquieta molto che, con i civili inermi che muoiono, si parli già di conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina nel luglio 2025, com’era successo anche in Bosnia. Ciò che è scaturito da Dayton, pur avendo portato ad un cessate il fuoco definitivo, non dà il sentore di avere ratificato una pace altrettanto solida che potrebbe invece realizzarsi, con grande probabilità, attraverso un’entrata di Sarajevo a tutti gli effetti nell’Ue la quale, però, non sembrerebbe essere un obiettivo primario di alcuni Paesi membri.”