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Abbiamo fallito. Le dimissioni del cardinal Marx

Abbiamo fallito. Le dimissioni del cardinal Marx

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

La lettera delle dimissioni del cardinal Reinhard Marx – pubblicata con il consenso di papa Francesco – è deflagrata in modo potente nell’agone pubblico, andando ben oltre il mero recinto ecclesiale. Il valore dell’arcivescovo, nominato – non va dimenticato – a capo della diocesi di Monaco-Frisinga e cardinale da papa Benedetto XVI, la crisi profonda di una chiesa cattolica – quella tedesca – che perde ogni anno più di duecentomila fedeli, il processo sinodale in atto, vivace e dialettico, hanno contribuito a dare grande risalto alla decisione, imprevista e coraggiosa. Coraggioso sarebbe anche prendere sul serio le ragioni, rese pubbliche, che hanno portato a questa scelta. Che certo hanno a che fare con il disinteresse di tanti vescovi e preti nei confronti delle vittime di abusi ma ancor più con la fatica della Chiesa – non solo in terra tedesca – ad essere segno e strumento di Vangelo.

Secondo Massimo Faggioli, un acuto osservatore di vicende ecclesiali, quando il cardinale Marx nella sua lettera parla di “punto morto”, si riferisce, applicandola all’oggi, ad una citazione dal gesuita Alfred Delp (morto nel 1945 per mano dei nazisti): “Nonostante tutta la nostra correttezza e ortodossia, siamo a un punto morto. L’idea cristiana non è una delle idee guida e formative di questo secolo”. Con lucidità il cardinal Marx scrive: “Avverto con dolore quanto sia scemata la stima nei confronti dei vescovi nella percezione ecclesiastica e secolare, anzi, probabilmente essa ha raggiunto il suo punto più basso.”

Eppure dalle nostre parti c’è ancora chi continua a credere che la crisi – che come cristiani stiamo attraversando – sia passeggera. Che ritornerà il tempo, è questione di poco, in cui tutto sarà come prima: le chiese di nuovo piene, i giovani ancora con noi, il credito pubblico ampio e diffuso. Bisogna aver pazienza e, soprattutto, tornare a proclamare con chiarezze e forza la verità e i valori ad essa connessi, in particolare quelli relativi al dogma e alla morale, sottaciuti alquanto da una certa predicazione e catechesi “troppo conciliare”. Una cecità che sta impedendo nei fatti una conversione e un rinnovamento. Con lucidità, il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, Georg Bätzing, ha detto: “È chiaro che tutti quelli che pensano che la Chiesa possa uscire da questa enorme crisi con alcuni aggiustamenti cosmetici, di natura esterna, giuridica, amministrativa, si sbagliano. Si è percepito nella Chiesa un tale fallimento sistemico che ci possono essere solo risposte sistemiche, e queste risposte devono essere fondamentali. È questo messaggio che oggi il card. Marx manda molto chiaramente e che ci rafforza nel portare avanti il Cammino sinodale.” E quando gli hanno chiesto quali sono i temi di questo cammino non ha esitato a riconoscerli: “Discutiamo sulla questione del potere e della violenza, una nuova relazione della Chiesa col potere, la separazione dei poteri. Ci sono molte possibilità. Il potere episcopale, per esempio, ha qualcosa di monarchico, dei tempi passati. Ora c’è bisogno di controllo a ogni livello dell’esercizio del potere nella Chiesa cattolica. Certo, il potere ci deve essere, altrimenti non si hanno possibilità creative, ma questo potere deve essere controllato. Poi c’è il tema del clericalismo, anche qui occorre approfondire il potere presbiterale, contenerlo, considerare con attenzione le cose, è una questione molto importante. E poi la questione delle donne nella Chiesa: dobbiamo progredire nella parità di diritti per le donne a tutti i livelli della vita della Chiesa, e questo non finisce alla frontiera del ministero sacramentale. Lo credo e lo spero”.

Che il punto morto – riconosciuto e guardato nella verità di ciò che è veramente – possa diventare per la chiesa tutta un punto di svolta. Questo è quanto si augura il cardinal Marx. In un’intervista rilasciata dopo la pubblicazione della lettera ha risposto: “Non sono stanco di essere vescovo, non sono demoralizzato. Il mio vuol essere un gesto che incoraggia, un segnale per dire non dobbiamo continuare a girare intorno a noi stessi, ma dobbiamo concentrarci sul Vangelo. Siamo a un punto morto, ma questo può diventare un punto di svolta: potrà aprirsi una nuova epoca per il cristianesimo se si imparerà dalla crisi, ma servono rinnovamento e riforme. Si tratta per ciascuno di assumersi le proprie responsabilità per gli abusi perpetrati dai rappresentanti della Chiesa tedesca. In passato la trascuratezza e il disinteresse per le vittime sono state la nostra più grande colpa. Voglio dimostrare che non è l’incarico cardinalizio ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale”.

Parole da custodire per ciascuno. Perché prima di ogni ruolo, di ogni incarico, viene il Vangelo. Solo per raccontare la sua umanità e la sua bellezza valgono i ruoli e gli incarichi.

Sarebbe il caso di ricordarcelo più spesso.

 

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